
Donne d’Impresa, Diana Theodoli: il futuro della agricoltura è per i giovani
Cavaliere del Lavoro dal 2011, laureata in filosofia con specializzazione in Psicologia del Lavoro. Fino al 1978 ha dato il suo contributo di psicologa in una comunità terapeutica nel comune di Monza e in un centro disabili di Domodossola. Poi, da sposata, ha cominciato ad occuparsi con il marito di due agriturismi e di tre aziende agricole di famiglia.
Romana di padre e milanese di madre, innamorata da sempre del suo lavoro. Due figli. Diana Theodoli vive tra Roma e la Maremma e insieme alla famiglia conduce tre aziende, nel grossetano. Presidente di AIDDA Lazio.
La Querciolo è un’azienda di famiglia dal 1700. Poi organizzata in società. Dal 1994 sono state fatte le varie ristrutturazioni dei casali per organizzare un agriturismo a Quercesecca, la parte di azienda più vicina al
mare.
Già nel 2012, è lei col figlio Guido la promotrice di un innovativo impianto di biogas costruito nel centro aziendale grossetano che viene utilizzato per la messa in
rete dell’elettricità prodotta: in questi tempi di grave criticità energetica non è davvero
cosa da poco! Cavalcando questi tragici venti di guerra ancora non risolti e
difficilmente risolvibili le chiediamo:
Da psicologa che lavorava in comunità a dirigente di importanti aziende
agricole. Come ha potuto affrontare questo cambio totale di ambiente, vita e
di mission?
I primi anni furono difficili, in particolare per l’allora diffidenza di parte del mondo
agricolo per le donne, ma la pazienza di mio marito, grande imprenditore e
l’apprendimento, affiancata da ottimo personale sul campo, mi hanno permesso di
sentirmi sempre più parte delle aziende, ma soprattutto di un affascinante territorio e
mi hanno dato quello che mi mancava in città una forte radice.
Lei ha portato avanti con grande capacità tre mandati nazionali in Confagricoltura. Che cosa ha lasciato in
eredità al suo successore Lamberto Frescobaldi?
La Giunta è una famiglia con persone di tutta Italia, con esperienze diverse e
complementari, e spero aver lasciato a Lamberto, che è un grande imprenditore, il
senso di squadra e di appartenenza che io ho avuto sempre nei 35 anni in
Confagricoltura, dove gli ultimi 9 in Nazionale sono stati il coronamento di un lungo
cammino.
Quali le aziende in maggiore sofferenza, secondo lei, e quali quelle
che invece hanno affrontato queste difficoltà con successo e profitto?
Sicuramente la pandemia prima e la guerra poi hanno messo a dura prova le molte
socie operanti nel turismo e nelle società di eventi, migliore è stata a situazione per le
socie operanti nei settori sanitari e nell’agricoltura, ambiti che non hanno potuto
fermarsi.
L’impianto di biogas, oggi più che mai è una risorsa per la vostra attività
aziendale?
Certamente il biogas è parte integrante e essenziale nelle due aziende che lo
circondano, prendendo dalla stalla il letame e liquame e la scotta dal caseificio,
risolvendo quello che senza il biogas sarebbe un problema da gestire. L’impianto ci permette di diversificare le nostre fonti di reddito. In un contesto quale l’attuale, dove
i fertilizzanti sono alle stelle, il digestato che è il prodotto di risulta dell’impianto, è un
ottimo concime organico, che ha reso la nostra azienda ancor più sostenibile da un
punto di vista ambientale ed economico. Inoltre il biogas è un tipico esempio di
economia circolare, sempre più importante nella nostra epoca.
L’agricoltura ed i giovani: è vero che c’è un ritorno alla natura delle nuove
generazioni su cui poter contare per un futuro più green?
Ho la fortuna di avere due figli che sono tornati in azienda, uno rinunciando a una
carriera in Banca a Londra, l’altra a una carriera di architetto in studi famosi, ma
starei attenta a semplificare fenomeni diversi.
In parte si è visto una fuga per molte
ragioni non ultima la pandemia dai grandi centri urbani, in altra vi sono giovani
imprenditori, attratti dalle innovazioni di un mondo sempre più digitale, che si sono
avvicinati all’agricoltura per creare situazioni molto innovative, pensiamo alle colture
idroponiche o verticali. Tuttavia non tutte le storie sono di successo, pertanto ogni
progetto deve essere valutato con senso pratico e conoscenza dei mercati.
Sprechi e fabbisogni. Riusciremo a riequilibrare questa dicotomia che di fatto
complica la nostra vita e da sempre anche la nostra società?
Credo che se nel futuro si debba forzatamente superare i troppi sprechi, l’unica via è
iniziare una formazione nelle scuole iniziando dai più piccoli e tramite loro influenzare
delle scelte oculate nelle famiglie.
Insegnare ai bambini a consumare cibi
possibilmente freschi e di stagione, spiegar loro come alimentarsi in modo equilibrato
e sano, potrebbe essere un grande incentivo a cambiare per gli adulti. In famiglia
suggerirei spese più frequenti con liste preparate con metodo, per utilizzare tutto.
Poi sicuramente vi è un problema di contenitori, non facilmente superabile in breve
tempo. Questo cambiamento dovrà essere condiviso dai produttori, distributori e
trasportatori. Mi augurerei un’organizzazione diversa nella logistica che, in certe zone
d’Italia complica il lavoro imprenditoriale e può produrre sprechi.
Piattaforme lontane, mancanza di mezzi refrigerati, ma anche molte zone con viabilità complicata. Infine
darei più spazio alle associazioni o cooperative, che attuano un banco alimentare ritirando prodotti vicini alla scadenza o per altre ragioni non commerciabili, ma commestibili, che verrebbero distrutti, ma che grazie a queste organizzazioni vengono raccolte e poi distribuite a fasce meno fortunate della popolazione.
