Donne d’impresa, Gaetana Mariani Castelli, presidente e direttore generale di Villa Santa Maria. Milanese doc, comasca di adozione da 33 anni, classe 1963.
Una giurista, sposata e con due figli., prestata all’attività sanitaria, con una missione speciale per aiutare bambini e adolescenti, cioè le generazioni del futuro. Per diversi anni già professore presso l’Università degli Studi di Milano, dal 2009 presidente e direttore generale di Villa Santa Maria, SCS, che conta 250 fra dipendenti e collaboratori.
Nel suo staff notiamo la presenza di una stragrande maggioranza di donne: non è sicuramente un caso. Gaetana Mariani Castelli, già socia di AIDDA e anche membro di Giunta della Camera di Commercio Como-Lecco, dal 2017 coordinatrice del Gruppo Imprenditrici Confindustria Como, è stata premiata nel 2022 con il Women Value Company Intesa Sanpaolo.
Villa Santa Maria è un centro di eccellenza e un vero punto di riferimento a livello internazionale per tutti coloro che si occupano di ricerca scientifica nel difficile campo dei disturbi dello spettro autistico. Una vita così dedicata, come la sua, ai problemi dell’infanzia e adolescenza, è davvero una missione speciale.
Proprio a lei è stato assegnato il “Premio Rosa Camuna”, istituito dalla Giunta Regionale della Regione Lombardia, che ogni anno premia 5 donne che si sono distinte per l’impegno a favore della condizione femminile, delle pari opportunità e per la collettività. Più precisamente, a lei il Premio è stato assegnato per “la cura e lo studio dell’autismo e delle patologie neuropsichiatriche dell’infanzia”.
Una delle sue ultime importanti iniziative è stata promossa dal 7 luglio 2022, quando Gaetana ha aperto le porte di Villa Santa Maria anche all’Arte. Proprio lì, infatti, è stata istituita una mostra con le opere di Jbil, giovane artista e talento emergente dell’arte contemporanea. Questa iniziativa, proposta dal Centro Multiservizi di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, ha permesso di presentare ufficialmente in esposizione le opere di uno dei ragazzi ospiti della struttura terapeutico-riabilitativa di NPIA. Una palestra interna alla struttura che fa scuola di talento e creatività e dove i visitatori vengono accompagnati in un percorso di vita immaginato dal giovane artista, che si è reso disponibile a confrontarsi anche con il pubblico spiegando il motivo delle opere che hanno destato i maggiori consensi.
Qual è il motivo che l’ha spinta a dedicare la sua vita ai problemi tanto complessi e delicati dell’infanzia e dell’adolescenza? Una giurista non è medico, né psicologo…
Io sono giurista di formazione, ma ho sempre avuto una visione introspettiva. Negli anni mi sono resa conto anche attraverso l’aiuto di mio marito, il quale ha esercitato su di me una sorta di “maieutica socratica”, di avere quelle caratteristiche personali necessarie per svolgere un’attività imprenditoriale: perseveranza, determinazione, tenacia, coraggio e uno sguardo non convenzionale sulla realtà.
È questo che ci consente di guardare alle cose senza essere condizionati dal giudizio esterno delle persone e di rifiutare tutto quello che è dogmatico a favore di una visione molto aperta.
In tal senso il mondo della Neuropsichiatria infantile è un mondo che offre sfide quotidiane, spesso tanto complesse da venire considerate insormontabili dalla maggior parte delle persone e delle strutture. A Villa Santa Maria abbiamo voluto fin dall’inizio offrire una speranza anche ai casi più gravi, nella convinzione che anche un progresso apparentemente piccolo nascondesse in sé un valore enorme per chi lo fa e per i suoi famigliari.
Nella sua vita c’è spazio anche per la leggerezza?
Certamente. Anche se molto del mio tempo è innegabilmente assorbito dal lavoro, mi sono sempre imposta di dedicare il giusto tempo ed energie alla famiglia, che rappresenta un valore molto forte che mi è stato trasmesso dai miei genitori. Con i miei figli, oltre che con mio marito, coltivo la passione per l’arte e la cultura, di cui il nostro Paese offre una ricchezza davvero senza eguali.
Mi piace soprattutto visitare le cittadine e i centri più piccoli, e andare alla scoperta di musei, monumenti, opere e artisti che, anche quando non sono tra i più noti e celebrati, hanno comunque saputo lasciato un segno profondo e contribuito a formare quel patrimonio che tutto il mondo ci invidia.
Non a caso sul sito di Villa Santa Maria SCS c’è scritto che “realizza istituzionalmente la testimonianza cristiana attraverso la cura e la riabilitazione di bambini e ragazzi affetti da diversi tipi di patologie complesse di carattere neuropsichiatrico”.
Potremmo dire che viviamo di una speranza ostinata: vogliamo offrire a tutti i bambini e ragazzi che si rivolgono a noi la possibilità di fruire e godere di tante più opportunità possibili, naturalmente compatibilmente con le loro condizioni di salute. Vogliamo che tutti abbiano le migliori possibilità: questo nella parte clinica e in quella scientifica si traduce in interventi che considerano anche aspetti spesso negletti o trascurati di una condizione, perché magari la tendenza comune è quella di concentrarsi solo sulle manifestazioni più gravi.
È anche grazie a questa impostazione che nel corso degli ultimi anni Villa Santa Maria è diventata punto di riferimento a livello internazionale su una serie di temi, a partire dal cosiddetto Toe Walking (Cammino in Punta), un comportamento che affligge circa il 30% dei bambini con disturbi dello spettro autistico e che può avere anche conseguenze molto invalidanti, ma che in passato era stato poco approfondito.
Il Covid prima, quindi problemi di lockdown e poi i venti di guerra di cui non sappiamo ancora le reali conseguenze sociali, politiche ed economiche. Come e quanto hanno inciso queste situazioni sulla realtà dei vostri ragazzi?
La pandemia prima e la guerra in Ucraina poi ci hanno messo di fronte ad una precarietà quotidiana proprio mentre noi cercavamo di crescere i nostri bambini e ragazzi affinché diventassero degli adolescenti sicuri. Tra quarantene, lockdown, smart working e imprevisti di varia natura negli ultimi due anni è stato quasi impossibile programmare la routine. Questo da un lato ha portato a una maggiore irrequietezza e aumento delle manifestazioni di disagio, non solo nei ragazzi, ma un po’ in tutta la società; dall’altro ha fatto emergere nei bambini delle risorse che forse nemmeno noi ci aspettavamo.
Per usare una parola molto in voga oggi, pur essendo apparentemente più fragili i nostri bambini e ragazzi hanno dimostra una resilienza straordinaria. Le équipe mediche sono spesso rimaste sorprese dalle loro risorse e forze. Ciò che abbiamo constatato è che se il contesto nel quale si trovano è sicuro, allora sono in grado di affidarsi con flessibilità e affrontare i cambiamenti. Inoltre, condividere con i compagni e il personale le difficoltà comuni ha aiutato molto. Il lavoro che abbiamo fatto in questi anni, soprattutto quello di gruppo, ha dimostrato che se gli adulti sanno offrire degli ambienti coerenti con quello che dicono, allora i risultati si vedono. In sostanza, anche in un periodo storico come questo c’è la possibilità di ottenere risultati sorprendentemente positivi.
Molte le donne nel suo staff: come? quando? e perché?
I miei collaboratori e collaboratrici, e il modo in cui hanno saputo sviluppare il lavoro fino a portarlo al livello di eccellenza nel quale ci troviamo oggi, sono una delle mie soddisfazioni più grandi. Io tendo a investire molto nel cambiamento e nella crescita delle persone, promuovendo in ciascuno quelle qualità umane e professionali che possono fare la differenza. In tal senso, forse, le donne hanno dimostrato di avere un pizzico di flessibilità in più, oltre al fatto che l’ambito in cui operiamo registra sicuramente una maggiore propensione all’impegno da parte della componente femminile.
Se lei dovesse ricominciare da capo la sua vita rifarebbe le stesse scelte professionali e familiari?
Posso dire in tutta sincerità di sì. In ambito professionale ci sono delle giornate in cui mi sembra di aver combattuto da mattina a sera contro i mulini a vento, ma alla fine ciò che conta è il percorso complessivo. E di quello non posso certo lamentarmi.