Donne d’impresa: Stefania Fanfani, dell’Istituto Ricerche cliniche professor Manfredo Fanfani
Dai primi anni 80, il prof. Manfredo Fanfani, che ha fondato l’Istituto nel 1954, è stato affiancato dai figli Stefania e Fabio, attuali responsabili medici dell’azienda, con uno staff di circa 120 collaboratori, un fiore all’ occhiello della Sanità Privata in Toscana.
Ma quella che potrebbe sembrare, ad una prima occhiata, una “figlia di papà, è invece tutt’altro. La dottoressa Stefania Fanfani, infatti, è la proiezione fatta persona della sapiente mano del padre, che da sempre, insieme al fratello, rappresenta la storia passata, presente e futura dell’ istituto. Laureata in medicina e chirurgia con due specializzazioni in medicina nucleare ed igiene, ha condotto la sua attività professionale nell’ azienda come responsabile del Laboratorio.
“Il paziente al centro di ogni processo, bisogna saper ascoltare e risolvere i suoi bisogni quelli espressi ma soprattutto quelli “non espressi”. Mio padre diceva: “Chi entra in una struttura sanitaria è sempre accompagnato da un senso di apprensione, osservare un dipinto, una stampa artistica è un mezzo efficace e più naturale per rilassarsi rispetto a leggere una rivista”.
L’ azienda è ancora e sempre all’avanguardia nel settore della diagnostica per immagini e di laboratorio (interno) con programmi di indagini specialistiche e personalizzate, sia per il privato che per le aziende. Naturalmente Stefania Fanfani con la sua azienda è stata sempre presente ed in prima fila per affrontare il problema dell’ epidemia da Covid. La cura e l’accoglienza del paziente vengono davvero al primo posto – sottolinea Stefania – e tutti beneficiano di un trattamento “personalizzato”. Non a caso il sito dell’istituto si apre con le parole “La tua salute, la nostra missione.
Tempi di Covid, di guerra, di vaccini, epidemie suine e delle scimmie. Tante le ipotesi e le versioni che circolano sui social. Lei cosa ci può dire?
I social purtroppo danno troppo spesso la parola anche ai non addetti ai lavori e questo genera senza dubbio molta confusione, preoccupazioni ed incertezza. E mi riferisco in particolar modo, ovviamente, alle tematiche di carattere sanitario. Probabilmente, l’ errore è stato anche della comunità scientifica, che non ha imposto, in una situazione di emergenza sanitaria e sociale, comunicazioni solo ufficiali anche da parte del personale medico che allo stesso modo ha generato confusione soprattutto nelle fasi più delicate della pandemia.
Per gli altri aspetti, non prettamente sanitari, come la guerra in Ucraina ognuno di noi potrà avere la propria opinione politica sulle dinamiche che ci sono alla base di un conflitto come quello che stiamo vedendo: a lato di ciò non possiamo certamente restare impassibili che tutto questo sta compromettendo il futuro di un popolo: la morte di bambini non potrà mai giustificare alcuna mossa politica.
Suo fratello Fabio Fanfani è decano del Corpo Consolare di Firenze e Console delle Filippine. Lei invece, rimane lontana dagli onori della cronaca e restia a qualsiasi manifestazione pubblica.
Siamo entrambi impegnati su fronti differenti, l’incarico di mio fratello è importante e prestigioso e questo lo porta in molte occasioni a dover presenziare eventi formali, io sono impegnata con la Croce Rossa e il Rotary e con il passare degli anni, ho preferito, dopo aver presenziato a molti eventi ufficiali, di dedicarmi, quando non sono impegnata con il lavoro, ai miei nipoti e alla mia casa.
Cosa ci ha insegnato l’epidemia del Covid? Noi donne siamo state tra le più resilienti e propositive per una ripresa, nonostante le difficoltà passate e presenti. Quale la sua opinione in merito?
Con una specializzazione in igiene spero che l’epidemia ci abbia insegnato quanto meno che il lavaggio delle mani è essenziale per prevenire qualunque malattia e allo stesso tempo che quando si è sintomatici (per covid o meno) è opportuno non stare in comunità ne tantomeno con le persone fragili.
Per quanto riguarda il ruolo della donna, da sempre abbiamo le caratteristiche per adattarci agli eventi che ci accadano intorno: è l’indole materna che regna dentro ad ogni donna. Abbiamo maggiori capacità di modellarci alle situazioni per necessità e per necessità di volere quell’ armonia che tendiamo a creare.
Aidda di cui lei è socia da sempre, si è offerta con la presidente Nazionale Antonella Giachetti, per poter essere d’aiuto alle donne afghane oppresse da una cultura medievale e un governo di cui tutti sappiamo la radice violenta. Oggi con una guerra ancora non risolta si accolgono in Italia e anche in Toscana tante famiglie in particolare mamme e bambini, profughe dall’Ucraina. Cosa possiamo fare di concreto – secondo lei – per alleviare le sofferenze di così troppe persone, vittime di una violenza senza limiti?
In primis credo sia opportuno sostenerle dal punto di vista psicologico e con beni di prima necessità . Per un adulto ma in particolare per un bambino, che viene sradicato dal suo paese di origine, il non occuparsi di quanto questa sofferenza potrà riversarsi sulla sua crescita psicologica, potrà farlo diventare un adulto fragile o viceversa aggressivo. La seconda fase l’ integrazione. Mantenere comunità separate si rischia sempre di alimentare preconcetti che non fanno altro che allontanare le persone. La fase successiva, quindi, il dare la possibilità a queste persone di contribuire alla società nella quale sono accolti, attraverso l’opportunità di occasioni lavorative
Lei, vera signora della sanità privata, si è sempre mostrata lungimirante ed è famosa per la serietà e la professionalità di tutti i suoi collaboratori. Quali le previsioni per il futuro di questa storica azienda? Quali le difficoltà o i successi ottenuti in questo periodo così difficile per quanto riguarda la sanità in Italia?
Per quanto riguarda il futuro dell’azienda già da circa 10 anni, io e mio fratello, siamo affiancati dalle nostre figlie, che hanno ruoli e competenze fra loro differenti. Speriamo quindi di poter lasciare in eredità a loro quanto creato da nostro padre. Il lavoro dei prossimi anni dovrà essere certamente quello di continuare ad aggiornarsi dal punto di vista tecnologico, lavorare sempre meglio a creare opportunità di prevenzione con check-up personalizzati mirati e cuciti sulla storia clinica del paziente.
Allo stesso tempo dovremmo, però, spostare l’attenzione verso la medicina preventiva intesa come la messa in atto di azioni che vanno a rimuovere le cause, che potranno essere responsabili, in futuro, di quella patologia stessa. Questo approccio dovrà coinvolgere il paziente sia dal punto di vista fisico, con le sue abitudini alimentari, sportive ma anche dal punto di vista emotivo, relazionale: sarà essenziale per il miglioramento della salute e del benessere dell’uomo un coinvolgimento della salute a 360° . E’ questo l’obiettivo che dovrebbe porsi la sanità in generale, sia pubblica che privata.
Se non fosse stata la figlia del prof. Manfredo, quale sarebbe stata la sua aspirazione di vita?
Molto difficile rispondere a questa domanda. La figura di mio padre, prima come genitore e poi come imprenditore ha influenzato moltissimo le mie scelte, delle quali ancora oggi sono felice di aver intrapreso: ma dovendo pensare ad altro probabilmente per la mia inclinazione caratteriale rivolta verso il prossimo, sia come medico che come impegno nell’ associazionismo, avrei comunque scelto una strada che mi avrebbe permesso di essere di supporto alle persone.