ROMA – Eni, Enel, Finmeccanica, Terna, Poste. E poi ancora Telecom e Generali. Gruppi che pesano per un quinto del totale del prodotto interno lordo italiano. La battaglia per il controllo di questi colossi attraverso le nomine dei vertici è la vera partita per il “potere reale” del nostro Paese. Un potere così forte da poter sopravvivere all’era Berlusconi. La combattono ora, a colpi di lunghe trattative, due fronti contrapposti e tutti interni all’attuale maggioranza. Il Pdl, cioè Berlusconi, cioè Letta, contrapposto alla Lega, cioè Bossi e Maroni, cioè Tremonti. A rinforzare la “squadra” guidata dal sottosegretario del premier ci sono Cesare Geronzi e Luigi Bisignani. Con il ministro dell’Economia c’è anche il “maroniano” Giancarlo Giorgetti.
Il “match” è ben raccontato da Claudio Tito su Repubblica:
Il braccio di ferro rischia di penalizzare non pochi dei managerin carica. E ha costretto la scorsa settimana Silvio Berlusconi ad “ammonire” i due contendenti: «O trovate un accordo o decido io da solo». Su un punto, però, sono tutti d’accordo: eliminare finiani e centristi dai cda. Il rapporto di 6 a 3 per la maggioranza in tutti i board sarà rispettato in maniera rigidissima. E così ne pagheranno le conseguenze uomini come Pierluigi Scibetta (Eni), Alessandro Luciano (Enel) o Piero Gnudi (presidente Enel). I due “fronti” governativi non hanno ancora trovato il compromesso (si sono fronteggiati pure sull’indicazione di Luca CorderoMontezemolo per il Comitato Olimpiadi 2020) e il puzzle – da definire entro il 4 aprile – solo in parte è composto.
Eccovi allora uno schema dei duelli in corso, raccontati con le parole di Tito:
Eni. Per un momento ha traballato perfino la carica più importante. Quella di amministratore delegato dell’Eni. Su Paolo Scaroni sono piombati i dubbi di Via XX Settembre. Tremonti, sostenuto dall’asse con Umberto Bossi e Roberto Maroni, ha iniziato a chiedere spazio. Intorno all’Ad ha fatto quadrato il “gruppo” guidato da Letta […] A rischio però è il presidente Roberto Poli. Al suo posto, ora, il Tesoro sta facendo avanzare il nome di Alessandro Profumo, ex ad di Unicredit.
Enel. E’ probabile la conferma di Fulvio Conti, mentre appare sicura la partenza del presidente Gnudi. I lumbard reclamano quella poltrona per Gianfranco Tosi, attuale membro del cda.
Finmeccanica. Letta difende Guarguaglini ma gli ha chiesto di separare il suo destino da quellodella moglie coinvolta nell’inchiesta Selex. Se lo farà rimarrà come presidente (con qualche delega) e potrà indicare un successore interno come Alessandro Pansa. In caso contrario verrebbe sostituito da Massimo Sarmi (caldeggiato dal premier) in uscita da Poste o da Flavio Cattaneo (suggerito dall’Economia). Stesso duello per la presidenza: ancora Ponzellini contro Gianni Castellaneta, ex consigliere diplomatico di Palazzo Chigi.
Poste. Ha perso terreno il leghista Danilo Broggi, ad diConsip. Mentre potrebbe essere confermato il presidente Ialongo, sponsorizzato dalla Cisl.
Telecom Italia. Palazzo Chigi ha esercitato la sua “moral suasion” sui soci italiani (tra cui Generali) del colosso telefonico per rimuovere Franco Bernabè. Il nome di Bernabè è stato suggerito per Finmeccanica e Poste. Ma su questo campo il Cavaliere sembra destinato a perdere. Telefonica, il socio spagnolo di Telecom, non intende rinunciare all’attuale ad.
Generali. I leghisti temono che il ruolo del presidente di Generali freni l’avanzare del Carroccio nelle “banche del nord”. Non a caso il Senatur ha provocatoriamente segnalato sempre Ponzellini per la nascitura Banca del Sud.
Ma alla fine Tito ventila l’ipotesi che Berlusconi possa lasciare tutto così com’è fino alle prossime elezioni.