L’idea del fondo Knight Vinke, l’azionista dell’Eni che preme per una separazione delle attività del gas da quelle del petrolio, «distruggerebbe il valore» del gruppo petrolifero. Lo ha dichiarato l’amministratore delegato Paolo Scaroni in un’intervista al Financial Times.
«Essere così grandi nel gas – ha affermato Scaroni – è molto positivo per la nostra attività petrolifera. Il semplice fatto che compriamo gas dall’Algeria, dalla Libia e dall’Egitto ci rende leader nell’upstream (petrolifero) in questi tre Paesi, che rappresentano così il 40% del nostro upstream petrolifero».
Questi stessi concetti erano stati ribaditi dallo stesso Scaroni in occasione della recente presentazione a Milano di una relazione del fondo Knight Vinke che ribadiva l’opportunità di una separazione delle attività del gas da quelle del petrolio.
Nell’intervista, Scaroni ha smentito anche qualsiasi interesse nel nucleare italiano, su cui invece spinge il fondo Knight Vinke: «Al momento – ha spiegato – non fa parte dei nostri piani».
Il Financial Times riferisce anche alcune dichiarazioni rese ieri dall’ad del fondo, Eric Knight, sulla struttura societaria del Cane a sei zampe, con il 30% in mano pubblica: « In recenti contati con noi – ha detto il manager – l’Eni ha riconosciuto che ci sono sia costi che benefici nella sua struttura attuale. I nostri contatti con molti azionisti dell’Eni nel mondo negli ultimi dieci giorni ci hanno rafforzato nella convinzione che questa struttura distrugge più di 50 miliardi di valore. L’onere della prova è adesso all’Eni, che deve dimostrare che le sinergie superano questi numeri».
Nell’intervista, Scaroni ha parlato del prezzo del petrolio, giudicando “realistico” un livello intorno ai 70 dollari e affermando che la crisi ha inciso sui prezzi meno del previsto: «Sono piuttosto sorpreso dai livelli dei prezzi del petrolio attuali, perché pensavo che sarebbero stati molto più bassi».
