I Paesi dell’Eurozona vogliono rafforzare ulteriormente la rete a protezione della zona euro e scongiurare qualsiasi rischio di contagio dall’Irlanda ad altri Stati membri. Ma ancora una volta appaiono divisi sul da farsi. Le proposte messe sul tavolo dell’Eurogruppo sono principalmente due: Bce ed Fmi spingono per l’aumento delle risorse dell’attuale Fondo di salvataggio dei Paesi euro in difficolta’; mentre il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, e il ministro italiano dell’Economia, Giulio Tremonti, rilanciano insieme la proposta degli eurobond, da emettere attraverso la creazione di un’Agenzia europea del debito. Ma dalla cancelliera tedesca, Angela Merkel, arriva un duplice secco ‘no’. Tanto che alla fine della riunione dei sedici ministri di Eurolandia Jean-Claude Juncker ammette: ”Non ci sono nuove decisioni”.
E ”per ora – ha aggiunto – non c’e’ motivo di aumentare le risorse del Fondo”. Per quel che riguarda gli eurobond, poi, ”non se ne e’ parlato. Non e’ una cosa stupida, bisognera’ entrare nei dettagli”. Intanto, varato il piano di aiuti all’Irlanda, restano intatte le preoccupazioni per Portogallo e Spagna. Ma anche per Paesi come il Belgio dove l’instabilita’ politica (sei mesi dopo il voto non c’e’ ancora un nuovo governo) potrebbe trasformarsi in una grave crisi finanziaria. ”Bisogna contenere i focolai perche’ non diventino veri e propri incendi”, ha detto il commissario Ue agli affari economici e monetari, Olli Rehn, per il quale ”contro il contagio la miglior difesa e’ consolidare i bilanci”. Per il governatore di Bankitalia, Mario Draghi, comunque, ”l’euro non e’ in discussione”. E l’allargamento degli spread sui titoli di Stato di alcuni Paesi dell’euro appare ”eccessivo”, non riflettendo i fondamentali dell’economia e della finanza pubblica nell’Eurozona.
– IDEA EUROBOND. La cancelliera tedesca e’ stata categorica: le attuali norme del Trattato Ue non permettono di emettere delle obbligazioni europee, cosa che comporterebbe una riduzione della concorrenza tra i vari Paesi. Perche’ i tassi di interesse – ha spiegato Merkel – ”sono un incentivo a migliorare e a rispettare i criteri del Patto di stabilita’ e di crescita”. La proposta Juncker-Tremonti e’ stata accolta con un certo scetticismo anche da Bruxelles: ”Si tratta di un’idea intellettualmente attraente”, ha commentato il commissario Rehn, sottolineando pero’ come oramai se ne discuta da decenni senza successo. E come, anche nei mesi scorsi, l’ipotesi degli eurobond abbia incontrato l’opposizione della maggioranza delle capitali europee. Anche il presidente dell’esecutivo europeo, Jose’ Manuel Barroso, ha sollevato dubbi sulla ”praticabilita’ politica” della proposta.
– IL NODO DEL FONDO. Per quel che riguarda l’incremento del Fondo salva-Stati (lo European finacial stability facility, Efsf), attualmente dotato di 440 miliardi di euro, Berlino si e’ detta ugualmente contraria. Si tratta di un meccanismo il cui primo contributore e’ proprio la Germania, cosa che lo rende poco popolare tra i tedeschi. Per Merkel e’ invece meglio concentrarsi subito sul futuro meccanismo anticrisi permanente (che partira’ dalla meta’ del 2013), fissando nel dettaglio le modalita’ di partecipazione – da valutare caso per caso – delle banche e degli investitori privati. Tra le ipotesi sul tavolo anche quella prevedere la dilazione delle scadenze o del pagamento degli interessi per i titoli dei Paesi dell’Eurozona insolventi. Ipotesi che ancora una volta piace poco a Berlino. Ma ad insistere sulla necessita’ di piu’ risorse per l’attuale Fondo salva-Stati (si parla di un raddoppio da 440 a 880 miliardi di euro) e’ l’Fmi, che sarebbe pronto a raddoppiare a sua volta il suo contributo per i Paesi euro in difficolta’, portandolo da 250 a 500 miliardi di euro. In un rapporto presentato dal direttore generale del Fondo, Dominique Strauss-Kahn, ai sedici ministri della zona euro, si sottolinea come il piano salva-Irlanda e le misure finora prese potrebbero non essere sufficienti. E si chiede anche alla Bce di rafforzare la sua azione nel fornire liquidita’ alle banche europee in difficolta’ e nell’acquistare i bond dei Paesi in difficolta’.