L’Europa che verrà e i timori della Germania. Quale modello adottare?

BERLINO – La Germania è un paese economicamente zelante e particolarmente guardingo quando si tratta di finanza pubbliche, specie quelle europee. Le reiterate esitazioni del cancelliere Angela Merkel riguardo al pacchetto di aiuti economici alla Grecia hanno mostrato una volta di più la prudenza tedesca – una circospezione che ha contribuito ad aggravare la situazione. I timori della più grande economia europea, e la quarta mondiale, sono acuiti in questi giorni dalle evoluzione della “crisi del debito” europea. E’ sempre più chiaro, agli analisti come ai politici, che la soluzione dell’attuale fase di turbolenza della zona euro passa attraverso l’adozione di una politica fiscale comune. La nuova Europa che nascerà dalle ceneri della crisi sarà dotata di nuove fondamenta, sostegni alla sua crescita ed alla sua armonia economica. Alcune delle istituzioni del futuro europeo si stanno delineando già in questi mesi. Il presidente della Banca Centrale Europea Jean-Claude Trichet ha parlato di un ministro delle finanze europeo, il presidente del Eurogruppo Jean-Claude Juncker vuole creare gli eurobond e così collettivizzare il credito dei vari paesi. Perfino Angela Merkel, dopo molte esitazioni, ha capito che il futuro dell’Unione deve essere quello di una maggiore integrazione. Qualche giorno fa, insieme al presidente francese Nicolas Sarkozy, il cancelliere ha annunciato la creazione di un “governo economico” della zona euro.

Se l’integrazione economica non è più messa in discussione, i mezzi con i quali raggiungerla sono oggetto di controversia. Come da copione, la Germania si mostra estremamente cauta. La Merkel si è fin da subito opposta all’idea degli eurobond, caldeggiata da Juncker e accarezzata anche da Sarkozy. Ma non è solo il cancelliere ad esprimere i suoi dubbi e le sue riserve. Tutta la Germania, dall’operaio che legge il tabloid populista fino alle élite economiche, è in preda al timore che nell’Europa che verrà la formica operosa – la Germania e gli altri paesi ricchi – dovranno finire per pagare per le cicale, pigre ed inefficienti, del sud. Il settimanale riformista Der Spiegel è da mesi un megafono delle critiche ad un modello di Europa in cui i paesi più ricchi garantiranno i debiti dei paesi più poveri. In particolare si teme che venga ripreso il modello adottato alla caduta del muro di Berlino, quando la Germania dell’Est adottò il marco tedesco e, tre mesi dopo, integrò la Repubblica Federale. Fu preparato un gigantesco piano di aiuti economici, si promise un miracolo economico, si pensava di far fiorire il deserto.

Vent’anni e 1,5 bilioni di euro più tardi, gli stati dell’Est sono ancora piagati dall’improduttività, da alti tassi di disoccupazione, e da un’emorragia di uomini e donne che emigrano per cercare lavoro. Questo modello economico – che viene accostato dal giornale a quello dell’Italia con il Meridione e del Belgio con la Vallonia – deve essere rigettato ad ogni costo dalla futura Unione. Il modello da seguire, profetizzano gli economisti consultati dal settimanale, è quello della Svizzera e degli Stati Uniti. In quei paesi gli organismi sovranazionali non sono tenuti per legge a venire in soccorso agli stati in deficit. Il risultato di questo equilibrio è che i singoli stati o cantoni sono confrontati alle proprie obbligazioni e sviluppano di conseguenza una maggiore responsabilità economica. Quando uno stato fronteggia una crisi deve dichiarare la propria bancarotta oppure trovare soldi attraverso tagli o aumento delle tasse. Una minima redistribuzione delle risorse è poi garantita da tasse federali basse e da un’indennità di disoccupazione.

Il futuro dell’Unione Europea è sempre passato da Parigi e Berlino. Oggi, ancora una volta, in consenso dei tedeschi è fondamentale. Se il modello di «transfer union» (unione di transferimento) che si delinea non convincerà la Germania, l’integrazione economica sarà inattuabile. Quello che conta nell’ottica tedesca non sarà il modello economico in sé e per sé, ma i limiti da dare a questo.

 

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fmontorsi