ROMA – Evasori fiscali perché lo Stato non paga: per fortuna esistono due giudici a Milano, che assolvono sulla base del principio che una pubblica amministrazione che da anni non paga i suoi fornitori non può poi processarli se non riescono ad onorare i loro obblighi fiscali. Due sentenze fanno giustizia nei confronti di questo assurdo andazzo per cui, lumaca nel pagare e lepre nell’incassare, lo Stato danneggia le imprese e i cittadini. In un caso la Sintea Plustek, azienda del biomedicale di Assago (Mi) avrebbe dovuto versare al Fisco quasi 180 mila euro di Iva mentre, allo stesso tempo, vantava crediti non riscossi per un milione e 700 mila euro.
Sintea Plustek, presa tra l’incudine di due Asl e un ospedale della Campania che non pagano dal 2005 e il martello delle banche che negano un anticipo di quei crediti nemmeno a tassi enormi, Sintea nel 2008 non aveva materialmente la liquidità necessaria per versare al Fisco 180 mila euro di Iva. L’Agenzia delle Entrate, nel 2012, è stata costretta ad avviare le procedure di riscossione di tasse evase con relative sanzioni e interessi e un procedimento penale nei confronti del legale rappresentante dell’azienda: un giudice lo ha infine assolto perché “il fatto non costituisce reato”. Tasse e multe dovrà invece pagarle.
Stessa cosa (cioè stesa odissea con lieto fine giudiziario) è successa alla cooperativa di recupero e sostegno ai tossicodipendenti fondata da Mauro Rostagno. La comunità Saman è un’associazione no-profit, una onlus che intesse rapporti con Asl e ministeri. Riassume la vicenda Giuseppe Guastella sul Corriere della Sera: “Nel 2007 la cooperativa ha emesso fatture per 895 mila euro a fronte delle quali avrebbe dovuto versare 85 mila euro nel 2008 quando, però, non li aveva e il debito dello Stato era salito a un milione e 750 mila euro”. Tecnicamente un “omesso versamento delle ritenute”. Il pm, al culmine di una vicenda grottesca se non ci fosse di mezzo la galera, aveva chiesto anche 3 mesi di carcere per il titolare. Per fortuna c’è un giudice a Milano: se il suo collega invoca la “causa di forza maggiore”, lui si è limitato a prendere atto che non esistevano elementi di dolo. Non è poco, non solo a livello etico, considerando che la norma che avrebbe consentito di compensare almeno in parte i crediti non riscossi con le imposte da versare è stata dapprima promessa e poi ovviamente messa da parte.