USA – Avrebbero aiutato dei cittadini americani a evadere le tasse attraverso dei conti bancari segreti. Per questo, quattro funzionari del Credit Suisse, Marco Parenti Adami, Emanuel Agustoni, Michele Bergantino e Roger Schaerer, sono stati messi in stato d’accusa dal dipartimento di Giustizia americano, con tanto di mandato di arresto.
L’Internal Revenue service, e cioè il fisco statunitense, sostiene abbiano aiutato dei contribuenti americani a nascondere ben 3 miliardi di dollari all’erario, depistandoli su piccole banche svizzere, israeliane e cinesi.
Se condannati, i quattro rischierebbero fino a cinque anni di carcere e una multa di 250mila dollari a testa.
Nell’ultimo mese, il dipartimento di Giustizia americano aveva arrestato anche un altro funzionario del Credit Suisse: Christos Bagios, un cittadino greco che dal 2009 lavorava nel settore del private banking dell’istituto svizzero.
«Stiamo cooperando attivamente con le autorità americane» ha dichiarato Marc Dosch, portavoce di Credit Suisse a Zurigo. Mentre David Walker, suo collega di New York, ha tenuto ad aggiungere che «Credit Suisse non è bersaglio dell’inchiesta».
Nella richiesta di rinvio a giudizio si parla, però, di «un complotto che risale al 1953 e interessa due generazioni di evasori fiscali americani». Poiché nessuno dei bancari sotto inchiesta era attivo nel 1953, questa frase potrebbe implicare una futura accusa di coinvolgimento nel complotto della stessa Credit Suisse. «Nell’autunno del 2008 – continua il documento – la banca aveva migliaia di conti segreti per clienti negli Stati Uniti con un patrimonio totale che arrivava a 3 miliardi di dollari».
L’istituto svizzero potrebbe dunque fare la fine dell’Ubs, che due anni fa fu costretta a pagare una multa di 780 milioni di dollari per aver facilitato l’evasione delle tasse di numerosi contribuenti americani.