ROMA – Le liberalizzazioni del governo Monti cambiano anche il modo di scrivere le ricette, guidano la penna dei medici nella prescrizione dei farmaci, obbligano i farmacisti a farci pagare di meno. L’articolo 11, comma 9, del decreto Cresci-Italia, prevede che il farmacista, se sulla ricetta non risulta l’indicazione della non sostituibilità del farmaco prescritto, deve fornire il medicinale equivalente generico con il prezzo più basso. La norma intende promuovere l’uso dei cosiddetti farmaci generici, meno cari di quelli “griffati”. Il medico deve informare il paziente “dell’eventuale presenza in commercio di medicinali con eguale composizione di principi attivi”.
Come si deve comportare il dottore? Sulla ricetta dovrà aggiungere, a sua discrezione, le parole “sostituibile con equivalente generico” o “non sostituibile”. La differenza è sostanziale: in presenza della seconda indicazione, non cambia nulla, quando vai dal farmacista ottieni quello che c’è scritto sulla ricetta. Quando invece sulla ricetta sarà espressamente indicato “sostituibile”, il farmacista sarà obbligato a cercherà tra scaffali e armadietti, il farmaco “equivalente” che costa di meno. Se ti viene prescritto, ad esempio, l’antibiotico Zimox, con la parolina magica “sostituibile”, il farmacista ti fornirà l’Amoxicillina, facendoti risparmiare, magari, fino a 2 euro a scatola. Stessa cosa per Ketoprofene, sostituto più economico ma equivalente dell’antidolorifico Oki. Il Nimesulide al posto dell’Aulin. Il Paracetamolo invece dell’Efferalgan, o l’Acido acetisalicilico, se ti è venuta la febbre. E così via.
L’obiettivo liberalizzatore è chiaro: incrementare la quota di mercato dei farmaci cosiddetti generici, ferma al 14%. In Usa, Germania, Regno Unito oscilla tra il 65 el’80%. Assogenerici ha fornito un dato che il governo si è appuntato bene: “Nel 2011 lo Stato ha perso un potenziale risparmio di 600/800 milioni”. E’ lo Stato, infatti, che fornendo gratuitamente (ma adesso si volterà pagina) gran parte dei farmaci, il più interessato all’abbattimento del prezzo dei farmaci. La norma introdotta vale infatti sia per i farmaci di fascia A (rimborsati dal servizio sanitario pubblico), sia per quelli di fascia C (a carico del cittadino).
Medici, farmacisti, case farmaceutiche, come l’hanno presa? Male, naturalmente. Il medico di famiglia protesta perché vede diminuita la sua “autonomia prescrittiva”: il consiglio di categoria sarà di indicare sempre e comunque “non sostituibile”, così il medico non corre rischi ed evita responsabilità per eventuali controindicazioni del generico. Salvando autonomia e coscienza. Farmacisti e, soprattutto, case farmaceutiche contestano il concetto di “equivalenza”: “Può avere un’oscillazione del 20%”. Altro “effetto collaterale”: gli anziani sono abitudinari, non gli si può cambiare scatola e confezione, formato e colore delle pillole. Vogliamo fare la prova?
