”Dobbiamo restare dentro le fabbriche”. Il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, parla dal palco della seconda assemblea nazionale delle Camere del lavoro, davanti ad oltre 650 delegati sindacali, e sostiene la sua linea: evitare l’esclusione dopo l’ultimo ”strappo” di Fiat su Mirafiori.
Riuniti a Chianciano Terme sono tutti i leader territoriali e di categoria, tra loro anche il numero uno della Fiom, Maurizio Landini, che replica: ”Nelle fabbriche noi continueremo ad esistere”. E indica, piuttosto, la linea dura: ”Bisogna far saltare l’accordo”. Le posizioni tra confederazione e sindacato dei metalmeccanici restano distanti. Il punto di incontro è ancora lontano sulla strategia da mettere in campo dopo il referendum, per il quale è stato anche valutato, a Torino, il rinvio della data (ad oggi il 13 e 14).
Camusso attacca l’amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne, ed il governo ”che è stato tifoso e promotore della riduzione dei diritti e della divisione sindacale”. E che ”non fa il suo lavoro”. Le risponde il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi: ”Il governo si occupa eccome dell’industria dell’auto” che è ”strategica”, dice, ritenendo ”indebita” una sua eventuale mediazione e schierandosi a favore dei sì (”dobbiamo dimostrare di essere un Paese accogliente per gli investimenti”, afferma). Camusso si riferisce anche a Confindustria (”vediamo imbarazzi nel sostenere la linea Fiat e posizioni ondivaghe”) e a Cisl e Uil chiede di ”fare qualcosa insieme” affinchè ”i luoghi di lavoro non diventino caserme e i sindacati organizzazioni silenti”.
Difende il no all’accordo di Mirafiori (non sottoscritto dalle tute blu della Cgil), che ritiene sbagliato e ”più che separato, ad excludendum”, e su questo sottolinea il ”sostegno di tutta l’organizzazione” alla Fiom e allo sciopero proclamato per il 28 gennaio. Chiede ai lavoratori di andare a votare per il no, ammettendo che ”un esito del referendum dei si’ non lo auspichiamo, ma non lo possiamo escludere”. Il nodo rimane: ”Se non siamo dentro le fabbriche a costruire tutele, prospettive e nuove condizioni diventiamo dipendenti da altri, dai tempi della magistratura e si crea cosi’ un vuoto”. Su questo ”dobbiamo continuare a riflettere”, dice ponendo la domanda alla Fiom.
”Il tema su cui ci vogliamo interrogare è come il giorno dopo” l’esito della consultazione ”vediamo ed evitiamo le conseguenze di quell’accordo”, per ”ripartire e costruire un’altra storia”. Per Landini la strada è un’altra. ”Bisogna far saltare l’accordo, renderlo non applicabile e riconquistare i diritti che in termini sindacali significa riaprire la trattativa e considerare la vertenza ancora aperta. Tutto il sindacato, tutta la Cgil lo capisca”, ammonisce il leader delle tute blu. Premette: ”Non ci spaventa Marchionne che pensa di cancellare con un accordo la liberta’ dei lavoratori. Non è che qualcuno ci caccia fuori dalle fabbriche”.
Anzi, sostiene: ”I nostri iscritti, i nostri lavoratori dentro continueranno ad esserci”. E indica ”le iniziative in tutta la Fiat e nel Paese” cui sono pronti a ricorrere: ”Chi ci vieta di fare scioperi, di eleggere delegati, di organizzarci?. Niente lo vieta”, sostiene Landini. Gli rispondono, a distanza, i segretari generali di Cisl e Uil.
”Senza investimenti non c’è lavoro”, dice Raffaele Bonanni, secondo cui così si ”salva Torino, come abbiamo salvato Napoli”. La ”vera posta in gioco è la sopravvivenza degli stabilimenti”, fa eco Luigi Angeletti. E, in attesa del direttivo della Cgil di sabato sulla democrazia e la rappresentanza sindacale, il leader della Cgil torna sul tema: ”Il primo obiettivo è un accordo, propedeutico ad ottenere una legge nel nostro Paese”.
