MILANO – Scaduti i termini per l’esercizio del diritto di recesso da parte degli azionisti che hanno votato contro o non hanno partecipato all’assemblea, ora per conoscere il destino della fusione Fiat-Chrysler bisogna attendere i primi di settembre, quando il Lingotto comunicherà i risultati. E a Torino non sembrano preoccupati, anche se ultimamente il titolo in Borsa è apparso piuttosto debole. “Siamo comunque ottimisti, l’importante è arrivare all’obiettivo”, afferma il presidente della Fiat, John Elkann.
Qualsiasi previsione sarebbe prematura: in questi casi quasi tutti attendono l’ultimo minuto per mandare la raccomandata e ora servono diversi giorni prima che la posta consegni tutto. Poi bisogna procedere ai lunghi controlli. Così, dopo lo scivolone della vigilia, la Borsa sembra essersi messa in attesa: con un occhio anche alle anticipazioni sui dati del mercato europeo dell’auto di luglio, Fiat ha chiuso l’ultima seduta prima della scadenza del termine del possibile recesso in calo dello 0,63% a 7,13 euro, tra scambi molto ridotti. Leggermente positiva Exor, salita dello 0,53% a quota 28,5. Sono numeri che possono dare un’indicazione sulla scelta di quel teorico 56% di azionisti Fiat (8% che ha detto ‘no’ in assemblea, 48% che non ha partecipato) che può recedere incassando il prezzo fissato a 7,727 euro per azione.
Si tratta di un valore di quasi il 10% superiore ai prezzi attuali e quindi dal punto di vista contabile converrebbe esercitare il diritto. Ma ci sono condizioni e controindicazioni: intanto le azioni che si vogliono ‘restituire’ devono essere state detenute al momento dell’assemblea che ha votato la fusione e non devono essere state vendute o ricomprate da allora. Inoltre i titoli, prima di incassare i 7,7 euro, rimangono ‘congelati’ fino alle fine del procedimento, che dura fino a sei mesi.
Da Fiat ovviamente non trapela alcuna indicazione sui recessi ricevuti finora, ma l’esercizio del diritto sembra una scelta che potrebbe convenire a qualche piccolo privato che ‘gioca’ al ribasso del titolo (ma fra sei mesi), meno ai grandi fondi di investimento. In quest’ottica gli operatori hanno giudicato anche le oscillazioni nell’azionariato Fiat di Norges bank, che ha venduto ai massimi recenti per ricomprare poco dopo a prezzi inferiori: appare più un atteggiamento speculativo che il preludio all’esercizio di un recesso.