Il governo usa ci mette i soldi, i lavoratori diventano azionisti, l’impresa italiana ci mette la tecnologia, quella americana gli impianti e il marchio: è il tentativo di salvataggio dell’industria automobilistica nord americana ma anche un nuovo modello di capitalismo, metà europeo e metà a stelle e strisce. Stretta finale dunque per l’accordo Fiat-Chrysler, con la casa automobilistica statunitense pronta ad offrire più del 20% delle azioni ai dipendenti per cogestire il rischio d’azienda in cambio di minor costo del lavoro. Manca però l’accordo definitivo con i sindacati. La Fiat dovrebbe avere il 20% del capitale di Chrysler, con l’opzione di salire ulteriormente.
L’accelerazione nelle trattative tra Chrysler e sindacati è determinata dai tempi. Entro il 30 aprile, la casa automobilistica deve presentare un piano di ristrutturazione industriale sostenibile che, se approvato dalla Casa Bianca, consentirà a Chrysler di accedere a circa 6 miliardi di dollari di aiuti pubblici.
Saranno il governo americano e la Fiat a nominare un nuovo cda dell’azienda americana, come spiega l’amministratore delegato di Chrysler Bob Nardelli, assicurando la maggioranza dei posti a consiglieri indipendenti che non appartengono a nessuna delle due case automobilistiche.
Sulla questione Fiat-Chrysler si è espresso anche il quotidiano inglese “Financial Times”, che ha definito l’amministratore delegato Fiat Sergio Marchionne, un “supereroe” dell’industria dell’auto, avvertendo però che la Fiat è in risalita, ma questo non significa che il lavoro di Marchionne sia finito. Per sua stessa ammissione la Fiat rimane troppo piccola e dovrà triplicare, con la politica delle alleanze industriali, le sue vendite annuali di auto per sopravvivere a lungo termine.