L’editoria sta scontando una tra “le crisi più acute della sua lunga storia”. Eppure il governo “non solo non ĆØ intervenuto per attenuare gli effetti di una congiuntura difficile e per allentare quei nodi strutturali che soffocano il settore”, ma ha fatto il contrario, adottando misure “punitive” come la soppressione delle tariffe postali agevolate. E’ l’atto di accusa della Federazione italiana editori, che chiede la convocazione in tempi rapidi degli Stati generali per mettere a punto una riforma organica del settore, pena il “depauperamento” del pluralismo.
L’analisi della Fieg ĆØ affidata allo studio annuale sul settore, La stampa in Italia 2007-2009, quest’anno presentato nella sala del Mappamondo della Camera.Ā Nel primo scorcio del 2010 la pubblicitĆ sui quotidiani ha segnato un +0.6%, che arriva però dopo il -16.4% del 2009; i periodici registrano invece un -13.5% (dopo il -29.3% dell’anno scorso). Deludente anche l’andamento delle vendite: nel primo trimestre 2010 -6% per i quotidiani, in linea con il 2009 per i periodici (-5.6%). Il fatturato ha subito tre cali consecutivi: -1.4% nel 2007, -4.5% nel 2008 e -9% nel 2009. Anche i costi industriali sono calati, ma in misura nettamente inferiore: -0.8%, -1.7%, -5%. Il margine operativo lordo ĆØ dunque peggiorato molto, passando dai 261,6 milioni di euro del 2007 ai 16,2 del 2009 (-93.8%). Molto difficile anche la situazione della stampa periodica. Parallelamente sono cresciuti i costi di produzione: secondo l’ultima indagine Mediobanca, nel 2008 il rapporto costo del lavoro/fatturato ĆØ stato in media del 10.4%, ma nel comparto editoria ĆØ stato del 20.2%, quasi il doppio.
La questione centrale, per gli editori, ĆØ “coniugare la valorizzazione dei mezzi tradizionali” con “la capacitĆ di trarre dai new media ricavi sufficienti a rimunerare gli elevati costi di produzione e, in prospettiva, a compensare la declinante redditivitĆ dei prodotti cartacei”.Ā Gli editori chiedono anche uno stop a misure punitive, come il decreto Romani, in particolare l’introduzione del product placement (la pubblicitĆ di prodotto) anche nei programmi di intrattenimento, che rischia di aggravare lo squilibrio nella raccolta pubblicitaria in Italia, con la tv, che – caso unico tra i Paesi a economia avanzata con una quota del 54-55% – si avvia a superare il 60%.
Nello scenario che si profila, avverte la Fieg, “bisogna muoversi con urgenza e con la massima determinazione”. Gli Stati generali dell’editoria, preannunciati per metĆ del 2010 dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti, “possono essere un’utile occasione per mettere a punto un disegno riformatore e di politica industriale coerente e, soprattutto efficace”.
