
NEW YORK – I Paesi dell’Eurozona rischiano la stagnazione, lo slancio verso le riforme strutturali è rallentato, con il risultato ”euro scettico” del voto che complica il quadro. A scattare la fotografia dell’economia dell’are euro è il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), secondo il quale la ripresa è decollata ma non è ”robusta o abbastanza forte”.
Una crescita debole, con un prodotto interno lordo rivisto leggermente al ribasso all’1% nel 2014 e all’1,5% nel 2015, non è sufficiente al rilancio del mercato del lavoro: la disoccupazione, soprattutto giovanile, è elevata e va affrontata. Una raccomandazione che vale anche per l’Italia, alla quale il Fmi chiede anche di migliorare l’efficienza della giustizia civile e rimuovere gli ostacoli strutturali che fanno salire i costi di produzione.
La stanchezza per le riforme deve essere evitata, è l’invito del Fmi all’area euro che deve migliorare anche l’accesso al credito delle piccole e medie imprese. E’ ”cruciale per gli investimenti e la crescita”.
I dati confermano il nodo: le pmi che hanno chiesto finanziamenti sanno incontrando difficoltà a ottenerli dalle banche, soprattutto in Spagna e Italia, dove un quinto delle pmi si è vista ‘razionare’ il credito negli ultimi sei mesi per richieste respinte o perché veniva offerto a costi proibitivi.
Il Fmi plaude al recente ‘bazooka’ impugnato dal presidente della Banca Centrale Europea (Bce), Mario Draghi. Stimando un’inflazione sotto il 2% almeno fino al 2019, il Fondo invita la Bce a considerare un piano di larga scala di acquisto di asset se i prezzi resteranno troppo bassi. Ma avverte: il quantitative easing non è una panacea e non è un sostituto delle riforme strutturali, può però spingere l’inflazione aumentando i consumi e gli investimenti nell’area euro.
Uno dei rischi per l’area euro è proprio la deflazione, che va evitata perché mette in pericolo la ripresa sulla quale pesano rischi interni e esterni, fra cui il ritiro delle politiche non convenzionali negli Stati Uniti.