
Gelato 1.500, penna 500...lire. Venti anni di prezzi veloci che doppiano salari lenti FOTO ANSA
Quando il cono gelato costava 1.500 lire e una penna e sfera 500 lire, venti anni fa. Ora il cono gelato costa 2,5 euro e la penna 0,80 euro, più o meno il doppio. Ad altri prezzi è andata, si fa per dire, meglio: sono aumentati di più del doppio. Al altri è andata peggio: sono rimasto sotto il doppio di aumento. Ma la media è sostanzialmente quella: in venti anni prezzi di beni e servizi raddoppiati in termini assoluti.
La margherita, quanto costava?
E chi se lo ricorda più quanto costava la pizza margherita (anche perché il farsela portare a casa era quasi esotico rispetto alle attuali modalità di consumo). Di certo ora costa in media il 93% in più di venti anni fa. Il supplì ha fatto di meglio: costa il 124% in più. Tramezzino batte tutti: aumentato del 198%. Cappuccino e cornetto affratellati costano il 93% in più. Biscotti: più 159%. Passata pomodoro: più i48%, uova più 103%, olio d’oliva più 114% a comprarlo.Â
Sapone, shampoo, spazzolini…
In tutto il settore igiene personale e per la casa gli incrementi medi di prezzo in venti anni hanno corso meno che nel settore alimentare: in media appunto aumenti pari al 50 per cento dei prezzi di venti anni fa. Comunque la ricerca e il calibro comparato dei prezzi nel ventennio appena trascorso ha riguardato 100 tra beni e servizi. Risultato: costo di beni e servizi aumentato in media di circa il 100 per cento.Â
Un raddoppio e un doppiaggio
Raddoppio dei prezzi medi al consumo di beni e servizi. E i salari e gli stipendi? Negli stessi venti anni i redditi da lavoro dipendente non sono stati fermi: lo studio dice che in media sono cresciuti da una retribuzione media di 19.500 euro ad una retribuzione di 29.000 euro. Un aumento del 50 per cento o poco più. Dunque, se la ricerca è esatta almeno a grandi linee, prezzi veloci che doppiano salari lenti.
E non prendiamocela con l’euro
Prezzi al consumo che doppiano salari nell’arco di venti anni indicano indiscutibile (eppur negato) trasferimento di quote di ricchezza dal reddito fisso a quello da intermediazione, commercio, lavoro autonomo. Ed indicano, tabelle alla mano, come i salari in Italia siano cresciuti molto meno di quanto non siano cresciuti i salari in Francia, Germania e Spagna e non per generosità di quei governi e di quegli imprenditori. Altrove i salari crescono più che in Italia perché vanno a premiare incrementi di produttività che in Italia non ci sono. Contemporaneamente l’aumento dei prezzi al consumo di beni e servizi va spesso, più che ad arricchire l’ultimo anello della filiera (il negozio) a sostenere la lunghezza della filiera.
Infinite intermediazioni in una lunga filiera di “stazioni appaltanti e pedaggi” cui corrispondono altrettanto gruppi sociali forse nessuno dei quali clamorosamente ingrassa ma sono così tanti da avere bisogno di prezzi sempre più alti operando, volutamente e ostinatamente, in habitat economico a scarsa capitalizzazione, produttività , efficienza, innovazione. Non è l’euro che in venti anni ha tirato su i prezzi, è stato ed è il nostro modo di produrre, distribuire, commerciare, vendere, retribuire che ha tirato e tira giù la nostra economia. L’euro, di suo, ci ha tenuto a galla, tipo salvagente. Ma un salvagente non può lui insegnarti a nuotare, soprattutto se non vuoi.
