Secondo Mucchetti, “il management predilige la prima soluzione. Per non avere in giro un pacchetto corsaro nelle mani di un raider come Bolloré e per non contaminare la purezza privatistica della ditta con le fondazioni, per quanto amichevoli siano. In verità, il dna di Mediobanca appare destinato a evolvere comunque, nel momento in cui il dopo Cuccia si intreccia al dopo Profumo”.
Sullo stesso filone di Mucchetti è anche Antonella Olivieri del Sole 24 Ore, con questi tre punti: “Della Valle rilancia e apre il dossier Mediobanca. Il patto che vincola il 45% del capitale di Piazzetta Cuccia scade a fine anno. Nuovo faccia a faccia lunedì alla Rcs Quotidiani”.
Scrive Olivieri che Della Valle “non è più una voce isolata dal coro, un picconatore folle del sistema precostituito. Non si era mai vista una tale levata di scudi a difesa del riservato management Generali, che ha mobilitato piccoli azionisti e sindacati, non solo i grandi soci rappresentati nel board della compagnia”.
L’articolo poi snocciola una ricostruzione degli errori e dei passi falsi di Bolloré, “isolato, in un sistema Italia insolitamente arroccato contro il pericolo di calata gallica”, al quale, “da quando ha rotto il sodalizio pluridecennale con l’anziano suo mentore Antoine Bernheim non ne è andata più una per il verso giusto”.
Ricorda “il passo falso dell’ingresso in Premafin che, oltre a gettare l’ombra del conflitto d’interessi per la contemporanea presenza nell’azionariato e nel board di due gruppi concorrenti, gli è costato l’imbarazzo di non essere stato utile alla causa di Groupama” e si è concluso con la ritirata dei francesi, “davanti al niet della Consob a posare il cappello senza passare dalla strada obbligata dell’Opa”, e con Bollorè “incartato, a prezzi presumibilmente non molto distanti da 1 euro se ha comprato sul mercato le azioni che oggi valgono poco più di 60 centesimi”.
Infine, ricostruisce Olivieri, “esporsi a criticare le gestione di Generali, nel consiglio che si è tenuto in settimana con l’unica astensione sul bilancio e con la successiva intervista al «Corriere della Sera», ha avuto l’effetto, probabilmente nè previsto nè desiderato, che a contestare le sue affermazioni non fosse più solo il “solito” Della Valle, ma questa volta anche Pellicioli e gli azionisti di Ferak che hanno affidato le loro considerazioni, non proprio tenere, a lunghi comunicati”.