MILANO – I vertici di Generali sono rimasti in bilico per settimane, indecisi tra la linea della tregua e quella dello strappo definitivo. Alla fine ha prevalso quest’ultima, e le dimissioni del presidente Cesare Geronzi (dopo che 8 consiglieri avevano proposto la mozione di sfiducia) sono lo sbocco di questa situazione di tensione.
Le premesse c’erano tutte: la riunione del Cda era stata richiesta da otto consiglieri tra cui i tre indipendenti nominati da Assogestioni, Cesare Calari, Carlo Carraro e Paola Sapienza, e Diego Della Valle. All’ordine del giorno i poteri assegnati al presidente Geronzi e all’a.d. Perissinotto, ma anche l’operazione Ppf che, secondo il vicepresidente Vincent Bollorè, avrebbe richiesto un’esposizione del gruppo da 3 miliardi con il gruppo del ceco Petr Kellner. Una dichiarazione che ha suscitato polemiche, culminate con la decisione di Bollorè di non votare il bilancio 2010.
Queste le premesse. Proprio Bollorè, arrivando alla riunione del Cda, sollecitato sulla situazione interna al board del Leone si è limitato a dire: “non posso parlare, ho fatto solo il mio lavoro di amministratore”. Fino a ieri le diplomazie erano al lavoro per evitare strappi. Operazione non riuscita, alla luce delle dimissioni di Geronzi, ma che nelle ultime ore era già data per persa. L’ultimo segnale negativo le dimissioni dal consiglio di Ana Patricia Botin, alleato prezioso di Geronzi.
A preoccupare il Cda anche la Ppf di Kellner e la polemica innestata da Bollorè. E’ stato quest’ultimo a quantificare l’esposizione del gruppo nella joint venture con l’imprenditore ceco: 3 miliardi di euro, cifra che non sarebbe dovuta uscire allo scoperto per vincolo di riservatezza imposto ai vertici. Sul rapporto Geronzi-Kellner-Isvap c’è stato in marzo un carteggio. L’istituto di vigilanza sulle assicurazioni ha  dapprima inviato una lettera alla presidenza Generali per chiedere conto di alcune esternazioni di Kellner nel corso del consiglio d’amministrazione del 16 dicembre 2010. Kellner, scrive l’Isvap, avrebbe ammesso difficoltà nel rispettare le linee guida e le linee di investimento della società , in particolare le nuove regole adottate sulle transazioni con parti correlate. In conseguenza a questo il ceo Giovanni Perissinotto, continua il documento, avrebbe avviato una valutazione sull’ipotesi di una risoluzione anticipata degli accordi con Ppf, su incarico del comitato esecutivo.
Subito dopo sarà lo stesso Kellner a scrivere a Geronzi, ridimensionando l’accaduto e spiegando di non aver neanche partecipato al consiglio del 16 dicembre. Le sue erano solo conversazioni private e informali. Geronzi risponde a sua volta prendendo atto e conclude la lettera a Kellner con l’auspicio che tutte le tensioni possano essere superate nell’interesse della compagnia. Questo succedeva solo qualche settimana fa, le tensioni da allora si sono possibilmente aggravate e, vista la mozione di 8 consiglieri, Geronzi ha preferito fare un passo indietro lasciando la presidenza.
