I tre economisti eletti nella lista di Assogestioni (presieduta da Domenico Siniscalco, ex ministro dell’Economia rimasto in sintonia con il suo predecessore e successore, Giulio Tremonti, impegnato a contrastare la calata dei francesi in Italia), che sempre ieri sono intervenuti anche con una nota pubblica contro Bolloré, hanno anche chiesto a Geronzi di intervenire a tutela del valore della compagnia e per discutere a breve di nuove regole per la comunicazione. L’idea degli indipendenti è infatti che non è possibile che tutti intervengano su tutto.
Un portavoce del gruppo ceco ha fatto sapere che “sulle recenti polemiche attorno a Generali Ppf non ha nulla da dire, perché la politica del gruppo è di discutere internamente al consiglio di amministrazione le tematiche attinenti al consiglio di amministrazione”. E’ quanto afferma un portavoce del gruppo ceco.
Né Geronzi nè Bolloré né i cecoslovacchi sembrano avere dato molto peso all’esortazione di Massimo Mucchetti, vice direttore del Corriere, secondo il quale “la presidenza [delle Generali] dovrebbe correggere la dichiarazione di Bolloré.
Mucchetti spiega perché: “In realtà, il diritto a vendere Kellner lo maturerà solo nel 2014 e solo se prima non ci sarà un’offerta pubblica di vendita di Ppf o se non si troveranno eventuali altri compratori”. Sembra un’ipotesi molto remota sia nel tempo sia nelle probabilità.
Mucchetti insiste nel chiamare Geronzi alla sbarra: “E in ogni caso può il presidente non pronunciarsi su certi dubbi pubblici del vicepresidente?”.
E ancora: se la maggior parte dei consiglieri di amministrazione delle Generali, che hanno preso posizione contro Bolloré, “avessero torto nel merito, perderebbero credibilità con quel che ne consegue. Viceversa risulterebbe imbarazzante lo spazio lasciato da Geronzi a Bolloré” nell’ultimo consiglio.
Mucchetti afferma anche che alcuni consiglieri “hanno sentito Paolo Scaroni mormorare: Provo vergogna per discussioni come queste”.
Mucchetti non risparmia le parole e parla di “valutazione assai critica [da parte degli altri consiglieri, in particolare quelli indipendenti] della conduzione dei lavori del consiglio da parte del presidente”.
Geronzi “avrebbe dovuto fermare immediatamente Bolloré quando ha cominciato a riproporre le sue considerazioni critiche sulla joint-venture Ppf, perché l’argomento era già stato affrontato nella seduta del 16 dicembre e l’operato del management aveva già riscosso, sia pure dopo una certa discussione, il placet del consiglio”.
Qui Mucchetti sale in cattedra: “Una buona governance non consente di ridiscutere in continuazione lo stesso tema senza produrre fatti nuovi. Così come un consiglio non può essere chiamato a censurare decisioni che rientrano nei poteri del capo azienda, qual è stato l’acquisto dell’1% della banca russa Vtb, se non si è in grado di contestarle sul piano delle procedure, della liceità e della correttezza”.
Ma, prosegue Mucchetti, “Geronzi avrebbe dovuto affrontare il vicepresidente anche quando ha annunciato il voto contrario al bilancio perché non si può far dipendere il voto sul bilancio dalla valutazione di singole scelte manageriali: il bilancio dà una rappresentazione dell’esercizio che va misurata nella sua rispondenza alla verità e ai principi contabili; le operazioni sono da considerare separatamente. Il presidente, invece, ha lasciato fare Bolloré”.