ROMA – Un nuovo capitolo della saga Generali – Rcs- Della Valle- Geronzi è stato scritto lunedì sera. Chiamato in ballo dai consiglieri indipendenti di Generali per le dichiarazioni del finanziere francese Vincent Bolloré, che del colosso assicurativo è vice presidente, a proposito del rischio di un esborso aggiuntivo da tre miliardi di euro in una recente acquisizione, il presidente di Generali Cesare Geronzi evita di prendere posizione e chiude la polemica dicendo: ”Data la chiarezza della situazione non ritengo che ricorrano i presupposti per una mia dichiarazione”.
L’acquisizione cui Bolloré ha fatto riferimento sia in Consiglio di amministrazione mercoledì 16 marzo, sia in una intervista al Corriere della Sera sabato 19, riguarda l’ingresso delle Generali nella Ppf, joint venture con il magnate cecoslovacco Petr Kellner, avvenuto nel 2007, per gestire gli interessi di Generali nell’Europa dell’Est. Bolloré, sono sue parole, ha espresso “dubbi sugli accordi passati con Ppf“, che giudica “squilibrati” e ha anche criticato un nuovo investimento importante di parecchie centinaia di milioni, realizzato in una società [lo 0,9% della banca russa Vtb] che Bolloré giudica “sopravvalutata.
Nella polemica, Bollorè ha anche buttato lì che nella riunione di Consiglio, solo “dopo molte discussioni difficili, il management ha accettato di aggiungere nelle ultime righe del comunicato che l’impegno di Generali rappresenta potenzialmente 3 miliardi di euro”, nel caso in cui Kellner esercitasse l’opzione a vendere al Leone il suo 49 per cento della joint venture. Non è una piccola somma per un Paese straniero e con una partita collegata. Questo meritava una discussione” e indica necessità, secondo Bolloré, di “più trasparenza”. Uno dei nodi del contendere, relativo appunto a Ppf, è quello che riguarda i presunti tre miliardi in cui consisterebbe l’impegno potenziale della compagnia verso l’azionista e consigliere ceco
Geronzi è stato salomonico o forse, qualcuno direbbe anche, pilatesco :”Lo stato economico, finanziario, patrimoniale, nonché i fatti rilevanti della gestione sono rappresentati nel bilancio e nella relativa relazione delle Generali che saranno, nei termini di legge, messi a disposizione del pubblico. Su questa materia il Consiglio di amministrazione, tenuto il 16 corrente, al termine della riunione, ha emesso un comunicato-stampa, al quale fare riferimento. In tale decisione si è esplicata la funzione del presidente”.
A chiedere un chiarimento da Geronzi sulla affermazione di Bolloré, sono stati i tre consiglieri indipendenti Cesare Calari, Carlo Carraro e Paola Sapienza, che, domenica sera, 20 marzo, hanno inviato una lettera al presidente perché le rettificasse.
I tre economisti eletti nella lista di Assogestioni (presieduta da Domenico Siniscalco, ex ministro dell’Economia rimasto in sintonia con il suo predecessore e successore, Giulio Tremonti, impegnato a contrastare la calata dei francesi in Italia), che sempre ieri sono intervenuti anche con una nota pubblica contro Bolloré, hanno anche chiesto a Geronzi di intervenire a tutela del valore della compagnia e per discutere a breve di nuove regole per la comunicazione. L’idea degli indipendenti è infatti che non è possibile che tutti intervengano su tutto.
Un portavoce del gruppo ceco ha fatto sapere che “sulle recenti polemiche attorno a Generali Ppf non ha nulla da dire, perché la politica del gruppo è di discutere internamente al consiglio di amministrazione le tematiche attinenti al consiglio di amministrazione”. E’ quanto afferma un portavoce del gruppo ceco.
Né Geronzi nè Bolloré né i cecoslovacchi sembrano avere dato molto peso all’esortazione di Massimo Mucchetti, vice direttore del Corriere, secondo il quale “la presidenza [delle Generali] dovrebbe correggere la dichiarazione di Bolloré.
Mucchetti spiega perché: “In realtà, il diritto a vendere Kellner lo maturerà solo nel 2014 e solo se prima non ci sarà un’offerta pubblica di vendita di Ppf o se non si troveranno eventuali altri compratori”. Sembra un’ipotesi molto remota sia nel tempo sia nelle probabilità.
Mucchetti insiste nel chiamare Geronzi alla sbarra: “E in ogni caso può il presidente non pronunciarsi su certi dubbi pubblici del vicepresidente?”.
E ancora: se la maggior parte dei consiglieri di amministrazione delle Generali, che hanno preso posizione contro Bolloré, “avessero torto nel merito, perderebbero credibilità con quel che ne consegue. Viceversa risulterebbe imbarazzante lo spazio lasciato da Geronzi a Bolloré” nell’ultimo consiglio.
Mucchetti afferma anche che alcuni consiglieri “hanno sentito Paolo Scaroni mormorare: Provo vergogna per discussioni come queste”.
Mucchetti non risparmia le parole e parla di “valutazione assai critica [da parte degli altri consiglieri, in particolare quelli indipendenti] della conduzione dei lavori del consiglio da parte del presidente”.
Geronzi “avrebbe dovuto fermare immediatamente Bolloré quando ha cominciato a riproporre le sue considerazioni critiche sulla joint-venture Ppf, perché l’argomento era già stato affrontato nella seduta del 16 dicembre e l’operato del management aveva già riscosso, sia pure dopo una certa discussione, il placet del consiglio”.
Qui Mucchetti sale in cattedra: “Una buona governance non consente di ridiscutere in continuazione lo stesso tema senza produrre fatti nuovi. Così come un consiglio non può essere chiamato a censurare decisioni che rientrano nei poteri del capo azienda, qual è stato l’acquisto dell’1% della banca russa Vtb, se non si è in grado di contestarle sul piano delle procedure, della liceità e della correttezza”.
Ma, prosegue Mucchetti, “Geronzi avrebbe dovuto affrontare il vicepresidente anche quando ha annunciato il voto contrario al bilancio perché non si può far dipendere il voto sul bilancio dalla valutazione di singole scelte manageriali: il bilancio dà una rappresentazione dell’esercizio che va misurata nella sua rispondenza alla verità e ai principi contabili; le operazioni sono da considerare separatamente. Il presidente, invece, ha lasciato fare Bolloré”.
Mucchetti racconta poi un particolare molto piccante. Bolloré, “in un incontro ristretto durante una pausa del consiglio, è arrivato ad annunciare una mozione di sfiducia verso gli amministratori delegati, Giovanni Perissinotto e Sergio Balbinot, dalla quale ha desistito soltanto di fronte alla minaccia di una mozione di sfiducia incrociata contro il presidente Geronzi da parte di Diego Della Valle. A quel punto, secondo le indiscrezioni, sarebbe stato lo stesso amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, che in Generali è vicepresidente al pari di Bolloré e Francesco Gaetano Caltagirone, ad invitare Geronzi a prendere in mano la situazione e a distinguersi da Bolloré”.
Ma Geronzi, secondo Mucchetti, “lo ha fatto a modo suo, con un appello accorato che i testimoni riferiscono in questi termini: «Mi rivolgo non al consigliere Bolloré, ma all’amico Vincent, che ha esercitato un ruolo positivo fondamentale negli equilibri della finanza e dell’industria italiane, affinché riveda la sua contrarietà e approvi anche lui, come tutti, il bilancio 2010» . Anche Nagel ha esortato il collega (e suo azionista in Mediobanca) a non destabilizzare la compagnia”.
Ma, racconta ancora Mucchetti, il bretone Bolloré, come ha spiegato a un consiglio sempre più sconcertato, si sente orgoglioso quanto un siciliano e si è comunque astenuto”.
Nella polemica si è inserito ancora una volta anche Diego Della Valle: ”Fidatevi solo di quel che dice Perissinotto. Le Generali sono una società seria, non badate alle stupidaggini che sentite dire in questi giorni in modo irresponsabile”.
”Generali è una società di prim’ordine, specchiata, gestita in un modo eccellente – ha aggiunto Della Valle -. E se qualcuno vuole alzare un po’ di polverone per il proprio tornaconto personale fa malissimo. Oltre che una grande azienda – ha proseguito l’imprenditore marchigiano – Generali sono anche un asset di questo Paese e quindi la dobbiamo tutti proteggere ed evitare che venga utilizzata e strumentalizzata per interessi personali di qualcuno. Del resto il cda ha parlato chiaro, all’unanimità, meno uno”, ha aggiunto Della Valle riferendosi al fatto che al voto sul bilancio 2010 il vicepresidente Vincent Bolloré si è astenuto. ”Questo è un Paese serio anche se qualcuno non ci crederà – ha detto ancora -. Le Generali sono una cosa seria, il Cda è composto da persone serie e perbene”.