Il consiglio di amministrazione di Generali ha nominato Cesare Geronzi presidente. Alla vice presidenza sono stati nominati Alberto Nagel, Vincent Bollorè e Francesco Gaetano Caltagirone.
Le deleghe agli amministratori delegati di Generali sono state attribuite ma non nei dettagli: lo ha precisato ai giornalisti il nuovo vicepresidente della compagnia, Vincent Bollorè. «Le deleghe – ha sottolineato – sono state attribuite, ma per ora non abbiamo dibattuto nei dettagli». Secondo gli accordi, a Giovanni Perissinotto verebbe data la delega di Ceo dell’intero gruppo, mentre a Sergio Balbinot quella relativa alle attività assicurative in Italia e all’estero.
“Sono soddisfatto di questo importante passo nel miglioramento della Corporate Governance di Generali promosso da Mediobanca”, ha detto l’amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel. Fra i punti cardine della nuova governance, Nagel ha indicato “l’estensione del mandato del presidente e degli amministratori delegati dall’anno al triennio, rimuovendo un’evidente anomalia presente nello statuto della Compagnia da molti anni”. “Inoltre – ha ricordato Nagel – l’introduzione della figura del presidente non esecutivo e del CEO unico, costituisce la migliore premessa per una più univoca e incisiva azione manageriale della Compagnia”.
Il neo presidente ha invece prima di tutto smentito la possibilità di una fusione con Mediobanca. “Non esiste alcun programma in questo senso”, ha detto. Parlando poi della sua nomina ha detto: “Non ho scelto nulla perché molto spesso si è scelti, e questo è il mio caso. La compagnia è gestita in modo encomiabile, l’uscita di Bernheim è quella di una persona che ha dato molto e ha sostenuto l’attività degli amministratori delegati e del direttore generale. Io non farò che proseguire questa attività di accompagnamento delle attività e della saggezza nel governo dei numeri”.
Geronzi ha ammesso che la presidenza di Generali “é un traguardo importantissimo, sarei sciocco se non lo rivelassi, amo le cose complesse, altrimenti non mi intrigano. Generali è un traguardo concepibile ed è normale che io esprima soddisfazione, non c’é alcuna motivazione diversa. Al di là chiacchiere questa – ha specificato – è la ragione della mia presenza”.
Per quanto riguarda i suoi obiettivi nel Leone, Geronzi ha affermato di puntare a “un’ulteriore crescita, un forte radicamento in Italia e porre le condizioni per una ancora più vivace concorrenza nel campo delle assicurazioni, che si può ottenere solo con una maggiore efficacia dei servizi prestati, avviando un percorso virtuoso – ha concluso – soprattutto per gli assicurati”.
Commosso e polemico addio di Antoine Bernheim ai soci delle Generali nell’ultima assemblea sotto la sua presidenza. Dopo un vibrante intervento di due ore in apertura dei lavori, ha riservato il colpo di teatro al momento dell’elezione del nuovo consiglio di amministrazione, quando a lavori ancora in corso l’anziano ex banchiere della Lazard se n’é andato lasciando la sede della Stazione marittima di Trieste. “Non mi vogliono, me ne vado”, ha detto.
Bernheim ha spiegato di voler comunque accettare l’offerta di diventare presidente onorario della compagnia di Trieste. “Non so cosa sia una presidenza onoraria – ha detto – ma, dopo quasi 40 anni in questa compagnia, può essere che anche questo ruolo mi permetta di mantenere un legame con Generali, che mi trovo costretto a lasciare con vero e profondo dolore”.
Nella relazione ai soci Bernheim ha ripercorso i 37 anni nella compagnia, dodici dei quali alla presidenza, rivendicando soprattutto il merito nella forte crescita del Leone. Diverse volte la voce gli si è rotta per l’emozione e in tre casi ha dovuto interrompersi per le lacrime, incoraggiato a riprendere una volta anche dall’applauso dei soci (“Non sono una star del cinema”, si è schermito). Ribadito il disappunto per non esser stato neppure confermato in consiglio di amministrazione, oltre che alla presidenza, l’ex banchiere di Lazard ha anche svelato anche alcuni retroscena, come il fatto di ritenere ci fosse un’ostilità personale dell’allora governatore Antonio Fazio nella, a suo dire, regia di Bankitalia dietro la scalata alle Generali del 2003 (“Avevo pessime relazioni con Fazio”, ha detto).
Inedito appare però soprattutto l’accordo sull’ingresso di azionisti libici nel capitale del Leone, favorito da Tarak Ben Ammar e sfumato per l’opposizione di “un socio”. “All’epoca il titolo Generali valeva 20 euro, ci eravamo accordati per 25 ma un azionista aveva chiesto 29 euro, quindi – ha spiegato – il capitale libico non è affluito”. Quello dell’età è “un pretesto” per l’allontanamento, ha comunque ripetuto Bernheim. “Sembra che io oggi all’età di 85 anni sia un vecchio rimbambito. Ma Enrico Cuccia a 93 anni era a capo di Mediobanca ed era un crocevia della vita economica italiana”.
“Partecipo a questa assemblea non senza emozione – aveva detto all’inizio dell’assemblea -. Ho trascorso 37 anni in Generali. Non voglio essere rinnovato nel Cda ma ritengo di aver fatto un buon lavoro e nella mia esistenza ho avuto modo di notare che quando si fa bene una cosa si viene castigati. Ho sicuramente amici e nemici. Gli amici li conosco bene, i nemici preferisco non conoscerli”.
Nell’ormai tradizionale intervista al quotidiano di Trieste ‘Il Piccolo’ Bernheim ha svelato persino che sulla sua conferma alle Generali gli erano arrivare garanzie dal presidente del consiglio Silvio Berlusconi: “Mi disse che sarei rimasto fino a che fosse durata questa crisi economica – ha spiegato – La crisi deve essere passata, anche se non me ne sono accorto”.
Dopo le vibranti proteste ribadite in diverse interviste negli ultimi giorni, il momento più amaro per l’ex banchiere è stato però all’uscita dai lavori dell’assemblea. “Andate a intervistare le vedette, i nuovi amministratori. Non bisogna intervistare i perdenti”, ha detto ai giornalisti accorsi fuori dalla Stazione marittima di Trieste, città dove non intende restare: “E cosa volete che faccia qui a Trieste? che vada sulla spiaggia ogni giorno?”.