MILANO – Generali fa chiarezza con una nota e spiega di non aver prestato, direttamente o tramite società del gruppo, alcuna garanzia a favore di Petr Kellner o del gruppo Ppf, a fronte di affidamenti o anticipazioni comunque connesse con la futura dismissione della partecipazione in Ppf.
Gli impegni finanziari necessari all’uscita dall’alleanza con il gruppo ceco Ppf non sono stati registrati da Generali come debiti ”in quanto non rappresentano un obbligo incondizionato da parte della compagnia di acquistare la partecipazione”. Tutte le ipotesi di uscita Ppf sono sotto il controllo di Generali, spiega tra l’altro l’azienda, segnalando che gli accordi su Generali Ppf approvati ”con voto unanime dal consiglio di amministrazione e dal comitato esecutivo di Generali”.
Si aspettavano spiegazioni sull’operazione con la ceca Ppf. La Consob ha chiesto integrazioni sull’alleanza Generali Ppf Holding rispetto a quanto già chiarito nella nota al bilancio, dove Generali ha indicato che il prezzo dell’esercizio dell’opzione a vendere il 49% in mano al ceco Petr Kellner potrebbe oscillare tra i 2,5 e i 3 miliardi nel 2014. Poi sarebbe emerso che le accuse di Bolloré riguardavano anche un prestito che Kellner ha ottenuto nel 2008 da Calyon (Credit Agricole), e per il quale ha fornito a garanzia il proprio pacchetto nella joint venture Generali Ppf Holding (2,5 miliardi il valore della quota, fino a 2,1 miliardi la linea di credito). Secondo quanto si è appreso nei giorni scorsi, se il Leone nel luglio 2014 dovrà rilevare la quota del 49%, al posto di pagare l’imprenditore ceco (il quale dovrà poi rimborsare la banca), verserebbe il dovuto direttamente alla banca. Dopo l’astensione sul voto al bilancio del vicepresidente Vincente Bolloré e le prese di posizione polemiche del patron della Tod’s Diego Della Valle, prosegue il pressing di una parte del consiglio di Generali sul presidente Cesare Geronzi, affinche’ convochi un cda prima dell’assemblea del prossimo 30 aprile.
Un pressing che ha la sua massima espressione nella lettera, peraltro non ancora arrivata sul tavolo del presidente, di oltre 1/3 del board e che chiede una riunione del consiglio prima di quella fissata il 12 maggio. La speranza – assicurano fonti vicine ai mittenti secondo quanto riferisce l’Ansa- è che Geronzi sia indotto a radunare il consiglio prima dell’arrivo della missiva. Geronzi peraltro dalle polemiche si è finora tenuto fuori e ha risposto, nell’ultima settimana, sia all’amministratore delegato Giovanni Perissinotto sia ai tre consiglieri indipendenti, di ritenere di non dover intervenire, lasciando a ciascuno la responsabilità di ciò che dice.
Da qui al prossimo 6 aprile poi, giorno fissato per l’esecutivo della compagnia, ci saranno una serie di contatti e, non è da escludere, che proprio il comitato possa essere un momento di riflessione per arrivare all’assemblea in un clima di maggiore tranquillità. Sul clima che si respira in Generali e sul tema della chiarezza, è intervenuto in modo distensivo il finanziere franco-tunisino Tarak Ben Ammar. ”Non ci sono problemi se tutti siamo d’accordo sulla trasparenza – ha detto – Penso questa chiarezza sarà positiva per il gruppo. Non c’è niente dietro di drammatico. Era meglio se questa discussione fosse rimasta in consiglio. Aspettiamo tranquillamente. Domani la Consob deve ricevere informazioni su un’operazione” e se ”altri consiglieri vogliano avere chiarezza” tanto meglio.
E in merito alle polemiche di queste settimane ha spiegato che ”tutto è iniziato con un articolo di Diego Della Valle che prendeva di mira il presidente Geronzi per ragioni nelle quali non voglio entrare nel merito. Io da consigliere di Mediobanca ho risposto che non credo che il problema sia Geronzi e ho consigliato a Della Valle, che e’ un amico, una persona per bene, di occuparsi piu’ di cosa succede in Generali”.