Una dopo l’altra, salgono agli onori, si fa per dire, della cronaca nera finanziaria americana una serie di truffe, il cui ammontare complessivo ha ormai superato i settanta miliardi di dollari. Si, avete capito bene: sessanta miliardi, che, in Italia, rappresenterebbero il valore di tre o quattro “stangate” alla Padoa Schioppa.
E qualcuno, negli Stati Uniti, comincia a chiedersi: ma la tanto mitizzata e feroce Sec, cioè la Consob americana, dov’era? limiti di legge o incompetenza?
L’ultimo bidone, in ordine di tempo e’ da soli 8 miliardi: è questa l’accusa mossa dalla Sec al numero uno di Stanford Financial Group, Robert Allen Stanford, e a due manager della società. La frode, secondo la Sec (Security and Exchange Commission, l’ente che controlla il mercato finanziario), riguarda uno schema di investimento sui certificati di deposito di oltre 8 miliardi di dollari (6,35 miliardi di euro), che era da tempo al centro di forti polemiche, per gli eccessivi ritorni che ”garantiva” agli investitori.
Le attivita’ di Stanford sono state temporaneamente congelate. Il magnate texano si trova al 205° posto nella classifica di Forbes dei più ricchi del mondo, con un patrimonio netto personale di 2,2 miliardi di dollari. La regina di Inghilterra lo hanno nominato “sir”. I giornali inglesi, sempre ligi amnche in questi momenti, si riferiscono a lui come sir Robert Allen.
Ora che il tappo è saltato, gli investigatori hanno scoperto, anche grazie a una causa intentata dalla sua compagna, madre dei suoi due figli, molti particolari interessanti sul suo tenore di vita: una flotta di aerei privati da 1oo milioni di dollari, una villa in Florida da 10, regali di natale da 75 mila dollari al colpo.
Le operazioni sugli strumenti messi sul mercato dalla Stanford International Bank sarebbero avvenute attraverso le divisioni di brokeraggio del gruppo con base a Houston. Quando si e’ accorto che gli inquirenti gli erano alle calcagna il miliardario texano e’ fuggito.
Ma l’Fbi ha fatto presto a trovare le sue tracce, e’ stato scovato e fermato dagli asgenti a Fredricksburg, in Virginia.
Stanford aveva fatto perdere le sue tracce da martedì 17 febbraio, quando è stato accusato dalla Sec di aver venduto certificati di deposito promettendo ai clienti guadagni iperbolici. In una e-mail ai suoi dipendenti Stanford aveva promesso di contribuire all’inchiesta della Sec e giurato di «combattere con tutte le sue forze per mantenere il nostro buon nome e salvare l’eredità che abbiamo costruito assieme». Anche i familiari affermavano di non avere più notizie del fuggiasco. «Ho parlato con lui una settimana fa, ma non posso credere che mio figlio abbia fatto ciò di cui è accusato, non posso credere che sia scappato» aveva dichiarato James Stanford, l’81enne padre di Allen.
Stanford è cittadino di Antigua e possiede due banche sull’isola, banche i cui sportelli hanno dovuto affrontare file di correntisti in preda al panico che volevano ritirare il loro denaro. Scene analoghe si sono verificate davanti alle filiali della Stanford Bank in Venezuela. Due giorni fa la Sec aveva accusato Stanford di aver venduto obbligazioni per 9,2 miliardi di dollari «promettendo tassi di interesse improbabilmente elevati».
Intanto continua a fare rumore lo scandalo intorno al mega bidone internazionale del finanziere newyorkese Bernard Madoff, che ha lasciato un buco di ben 50 miliardi di dollari.
Pare che, negli ultimi tredici anni, Madoff non habbia comprato un’azione, né un titolo di stato, ma solo, per se stesso, ville, quadri e barche e gioielli per la moglie.
Intanto però Madoff faceva sparire 50 miliardi di dollari in una vorticosa catena di sant’Antonio (come si diceva ai tempi del banchiere di Dio, Giuffré, o piramide, come si è detto più di recente in Romania e Albania; gli americani lo chiamano lo schema Ponzi, per razzismo contro gli italiani).
L’ultima strabiliante scoperta l’ha fatta il liquidatore nominato dal tribunale di New York, Irving Picard. Strabiliante è il caso di dire: visti gli uffici ultra high tech di Madoff, a New York come a Londra, nonché la gran quantità di soldi spesi dal finanziere in computer e software.
Il liquidatore Picard ha detto che spera di recuperare intorno agli 850 milioni di dollari, una goccia rispetto alla voragine dei conti di Madoff, che andrà divisa tra le migliaia di bidonati. A oggi se ne sono fatti vivi esattamente 2350, ma si prevede chge il numero raddoppierà entro la scadenza del 2 luglio.
Pare che, negli ultimi tredici anni, non habbia comprato un’azione, né un titolo di stato, ma solo, per se stesso, ville, quadri e barche e gioielli per la moglie. Così il super bidonista Bernard Madoff ha fatto sparire 50 miliardi di dollari in una vorticosa catena di sant’Antonio (come si diceva ai tempi del banchiere di Dio, Giuffré, o piramide, come si è detto più di recente in Romania e Albania; gli americani lo chiamano lo schema Ponzi, per razzismo contro gli italiani).
La strabiliante scoperta l’ha fatta il liquidatore nominato dal tribunale di New York, Irving Picard. Strabiliante è il caso di dire: visti gli uffici ultra high tech di Madoff, a New York come a Londra, nonché la gran quantità di soldi spesi dal finanziere in computer e software.
Il liquidatore Picard ha detto che spera di recuperare intorno agli 850 milioni di dollari, una goccia rispetto alla voragine dei conti di Madoff, che andrà divisa tra le migliaia di bidonati. A oggi se ne sono fatti vivi esattamente 2350, ma si prevede chge il numero raddoppierà entro la scadenza del 2 luglio.
Dopo anni di mercati euforici in cui c’erano guadagni per tutti – truffatori e truffati inclusi – la crisi delle Borse sembra avere per corollario un’impennata delle frodi. E con la fiducia dei risparmiatori al minimo storico, la lotta ai crimini dei colletti bianchi è destinata a diventare per il Presidente Obama una sfida prioritaria quanto la crisi del credito.
Il texano Rod Cameron Stringer millantava che la sua strategia d’investimento garantisse un guadagno del 61% l’anno. Gli investitori, ben felici, gli hanno dato 45 milioni di dollari. Joseph Forte dalla Pensylvania ha invece raccolto 50 milioni, assicurando ogni anno performance tra il 18% e il 37%. La Biltmore Financial giurava che i suoi fondi non avrebbero mai perso: «mai sotto lo 0%» era lo slogan. Peccato che fossero tutte frottole. Truffe. Quelle che gli americani chiamano schema Ponzi. Il texano Stringer ha investito solo il 20% dei soldi che gli investitori avevano puntato su di lui: il resto l’ha usato – scrivono gli sceriffi del mercato Usa – per mantenere il suo stile di vita «mondano». La Sec, la polizia federale per la finanza, tra il 2008 e il 2009 ha scoperto quasi 30 frodi di questo tipo per un danno superiore ai 60 miliardi di dollari.
Solo sul sito internet della Sec si trovano decine di truffe, che ripercorrono in vario modo lo schema Ponzi oppure quello che gli americani chiamano “boiler room”. Caldaia. I casi sono i più svariati, piccoli o grandi. Ma in fondo tutti simili. Anthony James, advisor della Florida, ha raccolto 5,3 milioni di dollari da 40 clienti. Invece di investirli, però, ha usato 2,4 milioni per il suo shopping quotidiano e 2,8 milioni per rimborsare i clienti che volevano uscire. La Sec lo ha scoperto il 23 dicembre. Jeanne Rowzee e altri suoi colleghi californiani, invece, hanno rubato più di 20 milioni di dollari. Arthur Nadel, invece, diceva agli investitori che i suoi 6 hedge fund avevano 300 milioni di dollari di attivi in gestione. La Sec, a gennaio 2009, ha trovato un solo milione. Tanti piccoli Madoff.
Secondo gli esperti, gli Stati Uniti sono effettivamente un terreno più fertile per certi tipi di frodi. Il motivo è banale: oltreoceano vige una minore vigilanza sugli hedge fund rispetto all’Europa. Se nel Vecchio continente le società di gestione sono tutte sottoposte alla vigilanza delle Autorità di ogni Paese (anche se poi materialmente gli hedge fund vengono domiciliati nei vari paradisi fiscali), negli Stati Uniti non è così.
Oltreoceano – spiega un esperto – gli hedge fund sono obbligati a comunicare alla Sec le loro posizioni in acquisto di titoli, ma non esiste un controllo strutturato su questi fondi. Qualche anno fa la Sec emanò un regolamento che le permetteva di ispezionare ovunque nel mondo qualunque hedge fund che coinvolgesse investitori americani, ma uno di questi fondi fece causa in Tribunale. E vinse. Così il regolamento, e la vigilanza, si spensero insieme.
C’è poi un altro problema, denunciato recentemente dal New York Times: l’Fbi non ha abbastanza risorse per combattere i crimini finanziari. Da quando, dopo l’11 settembre, circa un terzo di tutti gli agenti è stato concentrato sulla lotta al terrorismo, scarseggiano le risorse per combattere i reati finanziari. E l’Fbi ora è a caccia di agenti. Obama promette ora una svolta: il giro di vite sulla finanza allegra arriverà anche per gli hedge fund. Gli investitori (e gli elettori) lo sperano.