ROMA – Giappone in recessione, Abe al voto anticipato. Stampare moneta non basta. Il Giappone è di nuovo, tecnicamente, in recessione. Il premier Shinzo Abe scioglierà al Camera bassa per farsi ridare un mandato pieno: la celebrata Abenomics (dal nome del premier) segna oggi il passo dopo i successi del 2013 che avevano portato il paese fuori dalla stagnazione deflattiva durata anni.
La Borsa di Tokyo ha reagito con un crollo del 3%. C’entra l’aumento programmato dell’Iva per consolidare la finanza pubblica (il debito pubblico è al 200% del Pil, sebbene praticamente tutto in mani giapponesi).
Stampare moneta per uscire dalle secche della recessione, massicce iniezioni di capitali da parte della Bank of Japan per abbattere il mostro della deflazione: era la scommessa della Abenomics, la strategia monetaria espansiva con cui il primo ministro giapponese Shinzo Abe s’è imposto come campione di un approccio economico che mette all’angolo austerità e rigore dei conti. Un modello per quanti in Italia e in Europa contrastano l’imposizione tedesca a tenere i conti in ordine per la paura storica (e per alcuni anacronistica) dell’inflazione.
Torna la recessione. Con la deludente performance del Pil di luglio-settembre, il Giappone ritorna in “recessione tecnica” a seguito della contrazione di due trimestri consecutivi, ma in condizioni peggiori delle più negative stime della vigilia che davano una economia in crescita congiunturale dello 0,2-3% e annualizzata del 2,4-5%. Invece, al -0,4% su aprile-giugno si somma il ribasso dei tre mesi precedenti (da -1,8% a -1,9%), mentre il -1,6% annualizzato segue il -7,3% del secondo trimestre (rivisto da -7,1%). La Borsa di Tokyo ha reagito con un crollo del 3%.
L’impatto dell’aumento dell’Iva. Il ministro delle Politiche economiche e fiscali Akira Amari ha ammesso che l’impatto dell’Iva, portata dal 5% all’8% ad aprile, “è stato più grande delle attese”. La decisione sulla conferma o sul rinvio dell’ulteriore rialzo al 10% “sarà comunicata domani o nei giorni successivi”, ha aggiunto, secondo cui la caduta del Pil “è da legare alla lenta ripresa dei consumi e della rettifica delle scorte”.
Abe vuole un nuovo mandato per scongiurare un altro aumento (è il consiglio del suo maggiore ammiratore, il Nobel Paul Krugman, che pure ammette che la relazione tra inflazione e posti di lavoro non è un dato certo). Il voto costituirà di fatto un referendum sull’Abenomics.
Elezioni anticipate. In ogni caso, si tratta di un duro e inaspettato colpo per il premier Abe che, nei resoconti dei media nipponici, dovrebbe annunciare domani lo scioglimento della potente Camera Bassa e fissare nuove elezioni politiche generali a dicembre, già il 14. Il Giappone era uscito dalla recessione negli ultimi mesi del 2012, poco prima dell’arrivo il potere di Abe che lanciò la “sua” ricetta per rafforzare l’economia, basata sulle tre frecce (politica monetaria espansiva, stimoli fiscali e riforme strutturali) della Abenomics.
Abenomics: lo stop dopo i successi iniziali. L’inizio è stato incoraggiante grazie alla crescita dell’1,5% del 2013, sostenuta dal maxi allentamento qualitativo e quantitativo (Qqe) deciso ad aprile 2013 dalla Bank of Japan che, di fronte agli affanni dell’economia, ha varato un allentamento addizionale a fine ottobre. I margini di manovra sembrano adesso essere minimi: dopo le mosse della BoJ, i pacchetti di stimoli all’economia del governo devono fare i conti con un debito pubblico oltre il 200% del Pil. Lo stesso rialzo dell’Iva al 10% era al servizio delle risorse di riordino delle spese del welfare e del social security.