Ieri le azioni della General Motors hanno toccato il minimo da 74 anni a questa parte, in un turbinio di voci sul rovinoso futuro del colosso automobilistico americano.
Intanto i giganti dell’auto di Detroit minacciano il Governo americano: “La bancarotta potrebbe essere più costosa del salvataggio”. 125 miliardi di dollari contro i 39 che Gm e Chrysler chiedono alle casse dello Stato. La casa guidata da Robert Nardelli, che ha già incassato 4 miliardi di dollari, ne vuole altri 5 entro il 31 marzo. Alla stessa scadenza Gm ne chiede due, poi 2,6 entro aprile e altri 7,5 nel caso (assai probabile) che il mercato non si risvegli nei prossimi anni.
La General Motors ha già ricevuto fondi federali per 13,4 miliardi, e sollecita poi il rinnovo della linea di credito da 4,5 miliardi in scadenza nel 2011. In totale, fra quelli ricevuti e quelli che vorrebbero avere, i due big di Detroit chiedono a Washington aiuti per 39 miliardi di dollari. In cambio promettono drastici tagli ai costi e l’addio ai modelli e ai marchi meno redditizi. Non solo. Fra i tagli, per Gm ci sono anche 47.000 posti di lavoro nel mondo su 244.000 e la chiusura di altre cinque fabbriche. Licenziamenti meno pesanti alla Chrysler, che manderà a casa circa 3.000 lavoratori, e non produrrà più modelli come la Dodge Durango, la PT Cruiser e la Aspen.
Il governo ha imposto alle case automobilistiche di valutare, nei piani di ristrutturazione, anche il costo di una eventuale bancarotta: per Gm sarebbe pari a circa 100 miliardi di dollari, mentre Chrysler l’ha quantificato in 20-25 miliardi di dollari in due anni.