Per abbassare le tasse, ripassare, forse, domani. O domani l’altro. Per oggi non se ne parla. Forse un “taglietto” ma niente di più. Lo ha spiegato ai senatori il sottosegretario al Tesoro Giuseppe Vegas: Ā«Si può aggiustare qualche stortura come la tassazione delle perdite ma una cospicua riduzione delle tasse ĆØ cosa dalla dubbia possibilitĆ perchĆ© ĆØ dubbio che si possano coprire i tagli alle tasse con effettive riduzione della spesa pubblicaĀ».
Parola di governo. Ma ĆØ l’unica parola di governo? Lo stop and go sul taglio delle tasse va avanti da un paio di settimane, da quando Berlusconi annunciò l’eliminazione dell’Irap, totale o almeno parziale, come cosa imminente. Confindustria aveva fissato una data: primo gennaio 2010. Molti avevano fatto i conti: via l’Irap, via 30 miliardi e più dalle casse dello Stato.
Bossi e la Lega avevano raffreddato gli entusiasmi: se sparisce l’Irap tocca alle Regioni trovare con altre tasse i soldi per la SanitĆ . Tremonti aveva spiegato che ridurre le tasse non si può fare e non conviene se si fa aumentando il deficit: a deficit pubblico più alto corrispondono maggiori interessi da pagare sui titoli pubblici e l’Italia l’anno prossimo ne deve piazzare sul mercato per 100 miliardi. Contemporaneamente buona parte del Pdl faceva sua una piattaforma economica targata Baldassarri che prevedeva meno tasse e meno spesa per 20/30 miliardi.
Quante parole ha dunque il governo e quante la maggioranza e, soprattutto, quale sarĆ l’ultima parola?
