Google respinge le accuse al mittente. Non ci sta a essere dipinta come monopolista o calpestatore della privacy. In una lunga intervista concessa al Corriere della Sera, Carlo D’Asaro Biondo, vicepresidente del colosso di Mountain View e responsabile per Europa, Russia, Medio Oriente e Africa, ha parlato di questi temi, sottolineando i tanti e importanti cambiamenti fatti dal più conosciuto motore di ricerca al mondo.
Per il numero due di Google, il concetto di privacy non è ancora ben definito: «Va certamente protetta, ma cos’è? E’ un concetto in piena evoluzione. Per me che ho 44 anni è una cosa importante, per mio padre ancora di più; mia figlia, che di anni ne ha 20, se ne cura molto meno.Ci sono le sensibilità individuali e dei gruppi e ci sono i paletti. Non può essere un’azienda a decidere se e quando spostarli: abbiamo norme e processi politici per cambiarle». D’Asaro Biondo ha poi continuato: «Un’azienda globale come la nostra, in questo contesto, cerca un minimo denominatore comune. È inevitabile che in questo processo si creino frizioni».
Per il numero due i progressi fatti in tema di privacy sono molti: «Negli ultimi 18 mesi noi, sul rispetto della persona, abbiamo fatto passi in avanti enormi: vada su Internet e clicchi sul nostro privacy center nella home page. Ci sono molte opzioni, tutte facili da capire e da usare per proteggere i figli, escludere i propri dati dalla comunicazione pubblicitaria «targettizzata», modellata sul proprio profilo personale. E ogni mese mettiamo nuovi strumenti a disposizione dell’utente».
L’accusa rivolta molto spesso a Google è quella di abusare della sua posizione dominante per trarre benefici ed eliminare i competitori. A questo proposito, il vicepresidente ha dichiarato: «Google cresce perché porta valore alle imprese sue clienti, perché consente a milioni di piccole aziende – decine di migliaia solo in Italia – di operare a livello mondiale, anche se le loro dimensioni le costringerebbero a restare a livello di realtà locale. Mettiamo tutti in contatto con tutti, assicuriamo traduzioni automatiche in 40 lingue, creiamo nuovi accessi alla cultura, redistribuiamo ricchezza. Cito un solo dato. Si riferisce al 2008, non ho ancora quello del 2009: su 22 miliardi di fatturato Google, 5,5, cioè un quarto, sono andati a nostri partner produttori di contenuti».
