“La Grecia? Se vuole se ne vada pure”. Spread sopra 400

Wolfgang Schaeuble

ATENE – La frase pronunciata dal ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble suona sinistra: ”Se la Grecia decide di uscire dall’euro, non possiamo costringerla”. Esca pure Atene, insomma, non sarà Berlino a trattenerla. L’uscita del ministro sintetizza la preoccupazione che da giorni rimbalza sui mercati europei: il Paese ha votato ma nessuno riesce e metter su un governo, stabile o meno, europeista o no. La Grecia è decisamente impantanata nell’ingovernabilità. Non a caso, lo spread torna a galoppare. E altrettanto non casualmente le aste dei Bund tedeschi fanno faville.

Che la Germania e con lei altri Paesi dell’euro stiano accarezzando l’ipotesi di uno sganciamento di Atene dalla moneta unica non è un mistero. Lo dicono, abbastanza chiaramente, proprio due membri del governo tedesco. Anzitutto Schaeuble ha puntualizzato che l’ipotesi che la Grecia voglia rinegoziare i termini del pacchetto di aiuti ricevuto dall’Europa rischierebbe di causare una ”incertezza catastrofica”. Il viceministro agli Esteri Michael Link ha detto poi che la Grecia non avrà bisogno di ulteriori finanziamenti fino a luglio. Peccato che proprio giovedì l’Eurozona sborserà una tranche da 5,2 miliardi di aiuti per il Paese. A rincarare la dose ci pensa il Wall Street Journal secondo cui alcuni governi dell’Eurozona avrebbero sollevato preoccupazioni sull’opportunità di sborsare la prossima tranche del salvataggio alla Grecia. Si sarebbe parlato di un possibile slittamento della tranche. La domanda più urgente al momento è: come farà la Grecia, nella situazione di paralisi in cui è, a restituire i prestiti internazionali?

Il problema però è che a quanto pare Ue e Fmi non possono più tirarsi indietro e le “minacce” di trattenere il prossimo assegno sarebbero solo finalizzate a mettere la Grecia sotto pressione per arrivare alla formazione di un governo.  La Commissione europea aveva infatti già confermato questa settimana il pagamento della tranche ad Atene, indispensabile per rifinanziare 3,3 miliardi di titoli di Stato in scadenza il 18 maggio e per poter pagare gli stipendi pubblici a giugno. L’esborso, parte del secondo pacchetto di salvataggio da 130 miliardi, era già stato approvato con il via libera sia dell’Eurozona che del Fondo monetario internazionale. Tuttavia – scrive il Wall Street Journal – la Germania, la Finlandia e altri ”sarebbero preoccupati del pagamento a causa delle dichiarazioni, da parte di alcuni partiti greci, a favore di una rinegoziazione del prestito. Anche se alcuni governi vorrebbero sospendere il pagamento – scrive il Wsj – gli accordi legalmente sottoscritti potrebbero tuttavia concedere loro poco spazio di manovra. ”Il problema – dice una fonte del quotidiano newyorchese – è quanto spazio di manovra c’è, legalmente parlando?”. Anche alcuni funzionari del Fmi sarebbero ”scettici” sulla possibilità di trattenere la tranche: più che di una vera minaccia all’esborso, si tratterebbe – sostengono al Fmi – di una manovra per mettere sotto pressione Atene e spingerla a formare una coalizione che appoggi il salvataggio già negoziato.

Naturalmente tutto questo non poteva che ripercuotersi sulle Borse. Lo spread italiano sfora i 400 punti: secondo la piattaforma Reuters ha chiuso la giornata a 428, secondo quella Bloomberg a 408. Le Borse sono andate male, soprattutto Madrid e Milano ovvero i punti più deboli dell’euro. Al contrario le aste dei Bund tedeschi si confermano un successo: in tempi di incertezza e di crisi i mercati puntano sul sicuro e preferiscono fare scorta di Bund a rendimento bassissimo (il titolo a 10 ha un tasso dell’1,5%) piuttosto che rischiare altrove.

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Elisa D'Alto