BERLINO – E se anche la locomotiva tedesca resta in panne? Non c’è solo l’economia americana che non riesce a sollevarsi dalle secche della crescita zero. Gli ultimi dati sul Pil della Germania allungano le ombre su una ripresa europea che non c’è. L’economia tedesca è cresciuta nel secondo trimestre meno di quanto previsto dagli analisti: dello 0,1% contro una stima di +0,4%. La statistica, che denuncia un netto rallentamento dall’1,3% del primo trimestre (rivisto in calo dall’1,5% preliminare), è stata resa nota dall’Ufficio federale Destatis. Per Berlino il dato trimestrale è il peggiore dal 2009.
Significa che dopo un avvio promettente nella prima parte dell’anno l’economia tedesca si allinea al generale clima depresso dell’area euro? Questa è una domanda da un milione di dollari, rilevano gli analisti finanziari. Per Carsten Brzeski, economista alla ING Bank di Brussels sostiene “che gli choc esterni come la crescita zero in Usa, il terremoto in Giappone, il caro-petrolio possono essere considerati come fattori di normalizzazione della crescita tedesca”. Tuttavia, con un secondo quadrimestre di questo tipo, prosegue Brzesky, “esiste il rischio che gli ultimi dati vengano considerati l’inizio della fine del Wirtschaftswunder tedesco (miracolo economico, ndr.) e possano spingere anche la Germania nella recessione”.
L’ufficio statistico tedesco Destatis sottolinea come la crescita delle importazioni ha superato l’export, il tradizionale motore della Germania, che resta comunque molto dinamico. A segnare il passo sono i consumi privati e il mercato immobiliare. Il problema ora sono le ricadute negative sui mercati europei, sulla stabilità legata ai debiti sovrani, su prospettive economiche a questo punto ulteriormente mortificate. ”I dati sul Pil tedesco sono certamente una delusione”, ha detto a Bloomberg il capo economista per l’eurozona di Citigroup, Juergen Michels. ”Tutti i dati puntano verso una stagnazione in Eurolandia nel secondo trimestre”.
