Rinnovo dei contratti nazionali, autunno caldo: Guglielmo Epifani, segretario della Cgil, è pronto al dialogo ed è disposto a sedere a tutti i tavoli pur di porre mano a riforme efficaci per uscire da una crisi che paragona a «un pozzo profondo cento metri»di cui abbiamo visto sì il fondo «e prima di tornare all’aperto passeranno anni».
In un’intervista alla Stampa il responsabile della maggiore organizzazione sindacale italiana promette di mettere da parte ogni ideologismo a partire dalla trattativa sugli imminenti rinnovi contrattuali.
Ci tiene a ribadire, però, l’assoluta contrarietà alla riproposta di “gabbie salariali
“. Più utile semmai discutere della contrattazione aziendale di secondo livello. La primavera scorsa la Cgil non ritenne di dover firmare l’intesa – come gli rinfacciano Cisl e Uil – per tre motivi precisi: «Quell’intesa esclude dal salario aziendale metà dei lavoratori, quelli delle piccole imprese. Non tutela il salario nazionale dall’andamento dell’inflazione. Permette deroghe sia in termini di salario minimo che di diritti sindacali».
La crisi economica ha cambiato le priorità: il problema è ora dare un salario a chi ha perso il lavoro o sta per perderlo. La Cassa integrazione, nonostante gli stanziamenti governativi, sconta una difficoltà di applicazione, per questo la Cgil chiede che venga estesa da 52 a 104 settimane.
Quanto a una più forte detassazzione e decontribuzione del salario territoriale, come auspica Confindustria, è d’accordo a metà. Il punto su cui insistere è che in Italia abbiamo i salari più bassi d’Europa: la via d’uscita è la riduzione fiscale di tutti i redditi da lavoro.
