ROMA – Quello sulla casa è il capitolo di tasse più consistente della manovra: la nuova Imu finanzierà un gettito complessivo di 22 miliardi, il doppio rispetto alla vecchia Ici, ferma a 11 miliardi. Il grosso, 9,5 miliardi, graverà sulle imposte sulle seconde (o terze ecc…) abitazioni. Due i fattori che incidono maggiormente: la rivalutazione delle rendite catastali che agisce sugli estimi e, in misura minore, dall’aumento delle aliquote Imu sugli immobili. Tutto il gettito andrà allo Stato invece che ai Comuni, a parte una porzione di agibilità di manovra riservata agli stessi Comuni che possono elevare di qualche punto millesimale le aliquote. Stante il taglio dei trasferimenti dallo Stato agli enti locali quegli aumenti sono più che probabili.
Il meccanismo di riscossione del tributo non è il più agevole del mondo, il calcolo non sarà uguale per tutti. L’aliquota base passa dal 5 per mille della vecchia Ici al 7,6 per mille della nuova Imu, ma varrà solo sulle seconde case. Per la prima l’aliquota è “scontata” al 4 per mille, suscettibile di un’ulteriore detrazione di 200 euro per le abitazioni più modeste. La rivalutazione del 60% degli estimi farà crescere la base imponibile: i Comuni potranno aumentare l’aliquota sulla prima casa fino a 2 millesimi (o anche abbassarla di 2 millesimi). L’operazione varrà almeno un miliardo e mezzo per lo Stato.
Sulle seconde case si concentra l’effetto della stangata. Sulle quali, all’aliquota base di 7,6 per mille i Comuni potranno applicare un aumento del 3 per mille. Occhio quindi al catasto e alle deliberazioni dei sindaci in materia. Per fare qualche esempio: una abitazione media classificata in fascia A2, sulla quale come prima casa finora non si pagava nulla, una volta rivalutata costerà di Imu 1000 euro a Milano, 1300 a Torino, 1500 a Roma. Come seconda casa le cose cambiano: sulla stessa abitazione a Milano varrà tra i 1600 e i 2200 euro, a seconda dell’aliquota più o meno maggiorata, a Torino tra i 1900 e i 2600, a Roma da 2200 a 3000.