Cortina licenzia Equitalia. Aumenti Irpef-Imu, sindaci “chiagni e fotti”

ROMA – Dilaga la protesta dei Comuni contro l’Imu, aumenta il numero dei sindaci che voglionol licenziare Equitalia. Sull’onda del risentimento contro l’odiato Stato Esattore poteva essere quasi scontata la ritorsione di Cortina d’Ampezzo contro gli spettacolari blitz del Fisco:  il sindaco uscente Andrea Franceschi ha promesso infatti che “anche a Cortina disdiremo quanto prima il contratto con Equitalia, sia per la riscossione della Tarsu, la tassa sui rifiuti, sia per quella coattiva sull’Imu”.

Ma è realmente fondata l’accusa generalizzata e bipartisan che rimprovera a Monti di comportarsi come lo Sceriffo di Nottingham “che porta le tasse nella Capitale e affama i suoi cittadini”? Lo sostiene il presidente dell’Anci (associazione dei Comuni) Delrio (Pd) ben spalleggiato dal sindaco di Roma Alemanno: hanno le carte in regola i sindaci per atteggiarsi a Robin Hood vendicatori del cittadino suddito? Ci sono, come sempre, ragioni oggettive di malcontento mischiate a risentimenti demagogici.

Complice il voto imminente e una strana campagna elettorale con i maggiori contendenti “alleati” al governo, la carica di ribellione antigovernativa sembra un mettere le mani avanti da parte dei sindaci per deviare la responsabilità su probabili inasprimenti fiscali in fase di preparazione. “L’Imu non è una tassa municipale, è una patrimoniale statale mascherata” è lo slogan più gettonato. E’ vero, metà del gettito previsto prende la via dell’erario, rispetto all’Ici i Comuni ci perdono così come mancheranno all’appello un quarto dei fondi a disposizione per effetto del taglio ai trasferimenti.

Ma non dicono, i sindaci, che la leva fiscale è ritornata pienamente manovrabile da parte dei Comuni e si è arricchita di ulteriori strumenti. Agirà, questa leva, su una platea di contribuenti già tartassati, ma questa è la temperie economica, questa è la crisi e lo scaricabarile non fa parte delle strategie economiche. Non dicono che i Comuni si stanno già attrezzando. Sono già un centinaio i Comuni che hanno deliberato un aumento dell’addizionale Irpef di loro competenza. Cercando di salvaguardare la prima casa, sono in tanti i capoluoghi che aumentano l’aliquota di pertinenza locale sull’Imu. Le tariffe sui servizi sono aumentate ovunque: su rifiuti e acqua è stato già stimato un rincaro medio nazionale annuo di 25 euro per ciascuna famiglia.

Il Sole 24 ci offre una mappa provvisoria dei molti aumenti e pochi sconti varati in giro per l’Italia. Scrive Maurizio Caprino. “Si va da variazioni più contenute (come quelle di Brescia, passata dallo 0,40 allo 0,55%, e di Alessandria, da 0,75 allo 0,80%) a raddoppi secchi (Caserta, Cuneo, Livorno, Palermo e Parma da 0,40 a 0,80%, Verbania da 0,30 a 0,60%), per arrivare a Savona che sale dallo 0,33 allo 0,80%. Il livello massimo, 0,90%, si registra comunque a Roma, dove però quest’anno non ci sono stati ritocchi. Diminuzioni invece a Firenze (da 0,30 a 0,20%) e Gorizia (da 0,10% a zero). Tra i Comuni che hanno introdotto rincari, si segnalano per dimensione urbana anche Carbonia, Ferrara, Viterbo, Alghero ed Eboli (Salerno). In ogni caso, finora molte amministrazioni ha lasciato invariate le aliquote, forse anche per effetto delle imminenti elezioni amministrative.”

Il decreto fiscale assegna ai Comuni piena libertà di tassazione, rimuovendo i vincoli che ne limitavano l’esercizio: l’addizionale Irpef può essere istituita o elevata sino allo 0,8 per cento, sono soppresse le disposizioni che dal 2008 impedivano di aumentare i tributi minori. E’ stata rivista la tassa di scopo: il Comune può decidere l’opera pubblica da finanziare col tributo, anche fuori dall’elenco di opere contenute nella norma originaria. Si potrà inoltre finanziare con il gettito dell’imposta l’intero costo dell’investimento, invece che limitarsi al 30% di esso. Il periodo di applicazione del tributo, infine, può essere esteso sino a 10 anni. E, come abbiamo visto, i sindaci novelli Robin Hood alla tassa non rinunciano: possono spiegare perché le impongono, a che scopo sono dirette, evitando magari di scaricare tutto su un governo sostenuto dalle segreterie di riferimento. E’ un pasticcio istituzionale quello che segue a un caos legislativo: sindaci sedotti dalla “disobbedienza fiscale” contro ministri che invece di mandargli i carabinieri in municipio li invitano a dare un’occhiata alla fascia tricolore.

A proposito dell’altra bandiera a uso e consumo dei sette milioni di cittadini che domenica saranno chiamati alle urne. La rivolta contro Equitalia ha assunto i toni della crociata, il cattivo è anche brutto per definizione: da Pisapia a Milano, alla leghista Zaccariotto presidente della provincia di Venezia, dal governatore in Piemonte Cota, sono tutti convinti che sia il braccio riscossore del Fisco a mandare sul lastrico famiglie e imprese. Da dove arrivano le famose “cartelle pazze” che vessano il povero cittadino? Eppure, ricorda Angelo Como, dirigente Equitalia, che “in due anni Equitalia ha emesso 6 milioni di cartelle, solo 65 mila persone ne hanno contestato la regolarità”. E due terzi di questi errori sono addebitabili a mancanze e ritardi informativi degli stessi enti locali. E ricorda ancora, Como, che Equitalia applica la legge. Dicono, i sindaci, che i tributi se li riscuotono loro risparmiano, soprattutto l’esoso aggio del 9%. Organizzeranno, i sindaci, altri carrozzoni, altri posti, altre cariche, per sodali, parenti, compagni e camerati della foresta di Sherwood?

 

 

 

 

 

 

 

Published by
Warsamé Dini Casali