ROMA – Di certo a giugno non pagheremo l’Imu, ma tra vecchi estimi catastali e una nuova versione dell’imposta in arrivo, riveduta e corretta con tanto di nome incognito (la nuova tassa X), è lecito domandarsi cosa cambierà tra affitti e cedolare secca. A mettere ordine tra le carte, con tutte le incognite del caso, è Gino Pagliuca sul Corriere della Sera.
PRIMA CASA
Abolire del tutto l’imposta sulle abitazioni principali costerebbe circa 4 miliardi di euro per il 2013, restituire anche i versamenti dello scorso anno, farebbe lievitare l’esborso ad otto miliardi. Ma con un’esenzione parziale che elevi la franchigia attuale da 200 a 500 euro, con relativi correttivi a seconda del reddito, comporterebbe comunque un costo di circa 2 miliardi. E se da un lato le famiglie restano in attesa di sapere se la rata di giugno gli verrà abbonata o chiesta a dicembre maggiorata di interessi e seconda tranche, per i comuni è invece certo che si aprirà un buco non indifferente nel bilancio. C’è tempo fino al 16 maggio per modificare le aliquote ma, se le cose restano così Milano a giugno dovrà rinunciare a circa 70 milioni di euro. Roma a 283 milioni, Torino oltre 85. Morale della favola, se pure l’Imu rientrasse dalla finestra a dicembre, per i comuni significherebbe ” doversi finanziare per sei mesi a tassi di mercato e spendere almeno due milioni di interessi. A scapito ad esempio dei servizi sociali”.
SECONDA CASA
L’ipotesi più probabile, osserva Pagliuca, è che per compensare la perdita si carichi ulteriormente il conto sulle seconde abitazioni. In particolare inasprendo le aliquote sulle case affittate ma sarebbe quantomeno controproducente perché la prima conseguenza sarebbe un inabissamento di tutti quei contratti di locazione faticosamente emersi dal nero. Inoltre ridurebbe gli incassi per Irpef e cedolare secca. Scrive Pagliuca:
Ricordiamo infatti che in media le imposte sull’acquisto di una seconda casa sono otto volte più alte dell’Imu. Infine, l’equazione tra seconda casa ed elevata disponibilità finanziaria non è sempre vera: sono seconde case anche quelle magari di scarso valore ereditate al paesello d’origine e che non si riesce a vendere, o il bilocale comprato perché ci abiti un figlio.
NEGOZI
Anche per negozi e uffici vale lo stesso discorso, con l’aggravante che si accentuerebbe il rischio di chiusura delle imprese. Allo stato attuale molti proprietari preferiscono lasciare il locale sfitto che bloccarlo per 12 anni (tanto dura un contratto di locazione commerciale). C’è poi da considerare il discorso dei capannoni industriali
discorso a parte meritano i capannoni industriali, che devono fare i conti anche con un incremento di oltre l’8% dell’imponibile Imu; infatti il coefficiente moltiplicatore della rendita catastale passa quest’anno da 60 a 65.
NUOVO CATASTO
Eccoci arrivati all’ipotesi della nuova imposta unica, il cui misterioso acronimo sarebbe Ics (Imposta casa e servizi) ma che, osserva giustamente Pagliuca, “si legge correttamente x perché è un’incognita”. La Tassa X così come viene descritta dagli addetti ai lavori, dovrebbe assommare l’Imu, con esenzione parziale o totale per la prima casa e maggiorazioni per le abitazioni di lusso o per le case oltre la seconda. C’è però un problemino: l’Imu è a carico del proprietario, la tassa sui rifiuti e sui servizi invece spetta a chi occupa la casa (ad esempio l’inquilino). Pagliuca riporta il caso della Germania:
Un modello analogo è operante in Germania ma in quel caso si tratta di un’imposta dalle spiccate caratteristiche federali, con aliquote che variano moltissimo da Land a Land e che in Italia non può essere riproposta sicuramente nello stesso modo. E comunque qualsiasi riforma seria della fiscalità immobiliare non può prescindere dal superamento del sistema degli estimi. La prima promessa di rivederlo risale al primo Governo Prodi, alla fine degli anni Novanta. Che si possa fare in qualche mese quello che non si è compiuto in quindici anni lo diranno le cronache.