“L’Imu è una partimoniale che serve ai comuni per redistribuire reddito”

ROMA – Corrado Sforza Fogliani, in un articolo pubblicato su Il Giornale del 28 aprile, spiega perché l’Imu sia diventata una vera tassa patrimoniale. Secondo l’editorialista de Il Giornale, la nuova Ici a forza di correzioni è ormai un’imposta di scopo che, attraverso i suoi provvedimenti a raffica su casa e famiglie, redistribuirà il reddito.

“L’imposta di scopo comunale (ma c’è anche quella provinciale) nacque con Prodi e aveva limiti ben precisi (specifiche opere pub­bliche, finanziabili con l’imposta in questione solo sino al 30 per cen­to). Poi, il federalismo municipale: che stabilì che, con regolamento dello Stato, si sarebbe potuto 1) al­largare l’elenco delle fattispecie di opere pubbliche finanziabili con l’imposta di scopo; 2) prevedere che essa fosse applicata anche per 10 anni, anziché per soli cinque 3) attribuire ai Comuni la possibilità di finanziare con l’imposta in que­stione anche l’intero ammontare della spesa per l’opera pubblica da realizzare. Ora, un nuovo allarga­mento: quello che si poteva fare so­lo con regolamento statale, lo po­tranno adesso fare i Comuni stessi, direttamente, con proprio regola­mento. E questo, accompagnato da un gravosissimo appesantimen­to: l’imposta si applicherà anche al­le p­rime case e sulla stessa base im­ponibile dell’Imu (su rendite cata­stali, cioè, aumentate del 60 per cento rispetto all’Ici)”.

Prosegue l’articolo de Il giornale: “La nuova versione dell’imposta di scopo venne subito battezzata come un’Imu bis. E fu tutto un’af­fannarsi di politici e di rappresen­tanti di partito a prendere le distan­ze dalla nuova imposta sulla pro­prietà della casa. Dopo di che, ci si aspettava che la nuova Imu non l’avrebbe passata liscia, in Senato. È invece accaduto perfettamente l’opposto, l’incredibile: che non se ne è neppure parlato. In Commis­sione, c’è stato solo un fugace ac­cenno del presidente della stessa, che si è limitato a dire che «si con­sente ai Comuni di disciplinare con regolamento l’imposta di sco­po, nel quadro della disciplina reca­ta dalla legge finanziaria del 2007» (Prodi). In assemblea, è intervenu­ta in argomento solo una senatrice del Pd (per esprimere piena appro­vazione al provvedimento propo­sto da una collega Pdl) mentre il sot­tosegretario all’Economia ha detto che l’intervento sull’imposta di sco­po costituiva «semplicemente l’ag­giustamento formale conseguente al fatto che l’Ici è stata sostituita dal­l’Imu »”.

“Nelle dichiarazioni di voto, da ultimo,solo un senatore dell’Idv ha fatto un cenno critico all’impo­sta di scopo. La vicenda è emblematica, e si presta a molteplici considerazioni. La prima è che questa vicenda di­mostra quanto sia vero ciò che tutti coloro che hanno approfondito la storia del fiscalismo sanno bene: che ogni imposta nasce piccola pic­cola, lieve, controllata e che poi pro­gressivamente (e inesorabilmen­te) si allarga e appesantisce, sotto la spinta dei politici – o dei «tecnici» ­di turno”.

“Seconda considerazione. In que­sto particolare momento, le dichia­razioni del mondo politico hanno più che mai nessuna attendibilità. Come s’è visto, s’è passati – da un giorno all’altro-dalle più aspre cri­tiche al silenzio assoluto). Il Parla­mento è, di fatto, sotto scacco, deve – con il governo che agita ad ogni pie’ sospinto lo spauracchio della Grecia – votare e basta. La conqui­sta dell’approvazione di un ordine del giorno viene contrabbandata per un successo. Terza considerazione. Il ministe­ro dell’Economia e delle finanze s’è affrettato a dire che l’imposta di scopo è stata sinora applicata da 20 Comuni in tutto. S’è, così, tirato da solo la zappa sui piedi. Certo, i Co­muni non l’hanno applicata per­ché c’erano dei limiti e, soprattut­to, potevano con l’imposta finan­ziare le opere pubbliche solo al 30 per cento. Il resto dovevano metter­celo i Comuni stessi, per così dire di tasca propria”.

Ma ora, invece, po­tranno – spiega ancora Corrado Sforza Fogliani – finanziare con l’imposta ogni opera pubblica che loro vogliano, al 100 per cento. … Quarta, ed ultima, considerazio­ne. Il Governo Monti è alla dispera­ta ricerca – per (tentare di) mettere ordine nei conti pubblici, speran­do che serva – di nuove entrate. Ai Comuni Monti ha tolto, invece di dare (l’Imu lo prova). Però, dà loro soldi in altro modo: ad esempio rompendo la (preesistente) diga in materia di imposta di scopo. Inuti­le poi dire che il cespite colpito è sempre quello prediletto da questo governo: gli immobili (ma, rigoro­samente, solo quelli della proprie­tà diffusa; ferma la protezione delle Siiq, delle Siinq e dei fondi immobi­­liari). Ciò che fa seriamente pensa­re che, dietro questo accanimento tributario a carico di uno specifico settore dell’immobiliare, vi sia un più ampio (surrettizio) disegno: quello di provocare, con provvedi­menti fiscali a raffica a carico delle case e degli affitti, una vera e pro­pria redistribuzione dei patrimoni. A riprova, la dichiarata disponibili­tà a diminuire le sole imposte sui trasferimenti. Per favorire la mobili­tà della proprietà degli immobili, appunto”.

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Lorenzo Briotti