Imu, la stangata per chi affitta: rispetto all’Ici Milano +204%, Roma +142%

Imu

ROMA – Una stangata, almeno per i proprietari di case date in affitto. L’Imu, imposta sulla casa voluta dal governo Monti, al momento del saldo rischia di mostrarsi pesantissima in quasi tutte le grandi città.

E’ il risultato di un conto fatto dal Corriere della Sera in un articolo firmato da Antonella Baccaro in cui si analizzano i rincari in base alle aliquote applicate dai Comuni. A Milano, secondo i calcoli, rispetto alla vecchia Ici, l’aumento di imposta sarà del 207%, a Roma “solo” del 142%.

A rimetterci di più saranno soprattutto quelli che hanno affittato immobili con affitti cosiddetti “liberi”. Per loro 13 capoluoghi su 20 hanno scelto di applicare l’aliquota massima. Quindi  gli aumenti percentuali sono tutti a tre cifre.

Non sorridono neppure quelli che hanno scelto i cosiddetti “contratti calmierati”. Baccaro fa i conti partendo da una tipologia precisa, quella di un “immobile di categoria A/2, cinque vani, in zona semiperiferica”. Gli aumenti, rispetto all’Ici che fu, sono da record:

“Nelle città di Roma, Napoli e Perugia, ad esempio, dove per la seconda rata si applicherà l’aliquota massima del 10,6 per mille, l’aggravio complessivo dell’Imu rispetto all’Ici sarà rispettivamente del 269%, del 143% e del 142%. A Roma, partendo da una rendita catastale di 787,60 euro, se la prima rata è stata di 503 euro, la seconda sarà di 900, per un totale di 1.403 euro. Una bella cifra se si tiene conto che per l’Ici un’abitazione pagava in totale 380 euro. A Napoli, stesso discorso: partendo da una rendita catastale di 800,51 euro e da una prima rata di 511 euro, ci si ritrova a settembre con 915 euro, per un totale di 1.426. A Napoli l’Ici complessiva per un’abitazione di questo tipo valeva 588 euro”.

Le cose vanno un po’ meglio, sempre in caso di contratti concordati, a Milano, Trieste e Torino. Là i Comuni hanno scelto un’aliquota inferiore a quella base del 7,6 per mille. Milano e Trieste 6.5 per mille e Torino 5.75 per mille.

Quindi, spiega il Corriere “a Milano se per la prima rata per un immobile, sempre in affitto calmierato, con rendita catastale di 877,98 euro si è pagato 560 euro, per la seconda bisognerà sborsarne 399, per un totale di 959 euro rispetto ai 369 dell’Ici (+160%). A Torino, su una rendita catastale di 787,60 euro, si passa da un acconto Imu di 503 a un saldo 258 euro per complessivi 761 rispetto agli 83 dell’Ici (+817%). Vanno segnalate anche le città che manterranno invariata l’aliquota base del 7,6 per mille, come Ancona, Aosta, Bologna, Firenze, Genova e Venezia. In quest’ultima città si passerà da un esborso complessivo di soli 40 euro per l’Ici a un’Imu totale da 972 euro, con una maggiorazione record del 2.330%”.

La situazione peggiora se si prendono in esame i contratti “liberi” perché i Comuni hanno scelto un po’ ovunque l’aliquota massima. E i risultati sono quelli della stangata generalizzata:

“Rincari Imu rispetto all’Ici del 142% a Roma, Torino, Firenze, Genova, Venezia e Bari, tutte città in cui l’aliquota applicata per la seconda rata sarà quella del 10,6 per mille. Ma il record dell’aumento spetta a Milano, dove l’aliquota della seconda rata sarà del 9,6 per mille, così per una casa con rendita di 877,98 euro, da un pagamento Ici di 461 euro complessivi si passerà a un esborso totale per l’Imu di 1.416 euro (+207%). 
Subito dopo c’è Aosta con un aggravio del 204%. Segue Bologna dove, partendo da una rendita catastale di 1.020 euro, se la prima rata è stata di 651 euro, la seconda sarà di 1.165, per un totale di 1.816 euro rispetto ai 610 per l’Ici (+198%). A Roma si passerà da 579 per l’Ici a 1.403 per l’Imu, a Napoli da 588 a 1.426″.

Published by
Emiliano Condò