L’apertura data dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi su un possibile rinnovo degli incentivi per l’auto, ha provocato vivaci reazioni nel mondo industriale che ne sarebbe escluso.
Le proteste sono state particolarmente forti nel nord est: “Ancora incentivi alla Fiat? Basta abbiamo già dato” dice Claudio Miotto, presidente di Confartigianato del Veneto, il quale cita e dà  ragione a Stefano Beraldo, il leader della Coin, “quando denuncia che gli aiuti, da oltre mezzo secolo, viaggiano sempre in una direzione: quella dell’auto e in particolare della Fiat”.
L’accusa di Beraldo si basa su due motivi: il Triveneto produce di tutto, meno che le auto; specialmente perché il tessuto industriale è fatto di piccole o medie imprese che di sussidi ne vedono pochi.
«Incentiviamo anche la concentrazione degli alberghi o la rottamazione dell’arredamento – incalza Marco Michielli, presidente di Confturismo Veneto – la Fiat oggi non supera i cento mila addetti. Noi siamo più rilevanti quanto a posti di lavoro».
Si unisce alla protesta anche il leader degli artigiani della Cgia di Mestre Giuseppe Bortolussi: «Uno dei primi provvedimenti di Obama è stato quello di correre in soccorso dell’auto ma non dimentichiamo che negli Usa Chrysler e General Motors significano posti di lavoro, assistenza pensionistica e sanità . Anche il governo tedesco aiuta la Opel, però noi contribuenti italiani abbiamo già dato alla Fiat quattro o cinque volte tanto».
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Questa la reazione del Veneto e del Nordest alla concessione degli incentivi pubblici alla Fiat, chiesti da Marchionne e concessi da Berlusconi. Dal 1990 al 1999 lo Stato a finanziato la Fiat per 10 mila miliardi di vecchie lire, ritirandone 6.500 sotto forma di tasse.
