
ROMA – L‘inflazione è più bassa del previsto, e così Confindustria rivuole indietro i 79 euro finiti nelle buste paga di 200mila lavoratori del comparto chimico. In una lettera, l’associazione degli industriali ha spiegato che, visto che l’attuale deflazione contrasta con le previsioni al rialzo su cui si sono basati i rinnovi contrattuali, Federchimica dovrà richiedere i soldi agli addetti del settore.
La vicenda è ricostruita da Salvatore Cannavò sul Fatto Quotidiano.
“La storia inizia il 2 dicembre scorso quando il presidente dei Chimici, Cesare Puccioni, scrive di suo pugno a Enrico Miceli della Filtcem-Cgil, a Sergio Gigli, della Femca-Cisl e a Paolo Pirani, della Ultec-Uil, ponendo loro il problema dell’andamento dell’inflazione. “Siamo certi siate consapevoli del significativo scostamento in atto tra inflazione prevista al momento del rinnovo del vigente Ccnl e inflazione reale relativa al biennio 2013/2014 e prevista per il 2015”, scrive il capo degli industriali della chimica. Si tratta di una “situazione eccezionale”, mai verificatasi dal tempo, spiegano gli industriali, che quantificano esattamente quanto da loro versato in più rispetto all’andamento del costo della vita.
I 79 euro (medi), infatti, sono il frutto di un’inflazione riconosciuta, nel triennio 2012-2015, di 6,2% contro un’inflazione reale di 2,5. Quel 3,7% di differenza corrisponderebbe ai 79 euro che non vengono materialmente richiesti indietro.
Confindustria pensa, piuttosto, che la situazione richieda “la necessità di impegnarsi per individuare tempestivamente soluzioni anche innovative ma rispettose delle disposizioni normative e contrattuali vigenti”. Per innovazione, Federchimica intende il miglioramento della produttività (quindi lavorare di più), l’efficienza, “l’esigibilità”, moderna espressione per indicare la limitazione dello sciopero e così via. Fino a una diversa “complementarietà ” tra contratto nazionale e contratto aziendale che potrebbe significare che quello che è stato dato nel contratto di settore viene detratto in quello di secondo livello.
Federchimica ha chiamato in causa l’articolo 69 del contratto nazionale dei chimici, rinnovati nel 2012, dove si spiega che in caso di “eventuali scostamenti significativi tra l’inflazione prevista e quella reale” le parti si incontrano di nuovo per “attuare la correlata variazione dei minimi entro la medesima vigenza contrattuale”. Una clausola che, generalmente, è prevista per tutelare i lavoratori in caso di scostamenti superiori a quanto contrattualizzato. Non si erano ancora visti gli imprenditori appellarsi a questa clausola per rivedere al ribasso i contratti”.