La scomparsa del 27 del mese: arretrati Pa, alla fine paga il dipendente

La scomparsa del 27 del mese: arretrati Pa, alla fine paga il dipendente

ROMA – La scomparsa del 27 del mese: arretrati Pa, alla fine paga il dipendente. Eravamo talmente abituati all’appuntamento fisso del 27 del mese da considerarlo un dato di natura: è vero, è dal 23 aprile 1864 che, grazie al ministro Minghetti, fu stabilito che da maggio gli stipendi sarebbero stati pagati il 27. Ma, quasi inavvertitamente, le basi di questo caposaldo di civiltà economica vanno erodendosi: nella “catena alimentare” che dallo Stato giunge fino al lavoratore passando per le imprese appaltatrici, il primo anello è saltato con la pubblica amministrazione che non paga, l’appaltatore che differisce anche di mesi i salari pattuiti, il dipendente, vaso di coccio fra vasi di ferro, costretto a chiedere prestiti a bracci finanziari dello Stato stesso che applicano tassi d’interesse insostenibili.

Federico Fubini, su Repubblica, illustra meritoriamente  questo arretramento nel diritto minimo ad essere regolarmente stipendiati a fronte delle prestazioni offerte. Se è difficile una mappatura puntuale di un fenomeno relativamente recente, esistono numerose prove indiziarie, a partire dalle antenne sociali distribuite nel mercato del lavoro dalla Sicilia alla Pianura Padana, che certificano la misteriosa sparizione del 27 del mese.

Per medici, autisti, maestre d’asilo lo stipendio arriva dopo mesi, molti dipendenti pubblici devono ricorrere a prestiti vicini a tassi d’usura. La “moneta lenta”, il ritardo cioè con cui vengono erogati pagamenti già messi a bilancio, è imputabile allo Stato e se tutto il dibattito a proposito della restituzione dei 100 miliardi di arretrati alle imprese verteva su depauperamento e stessa sopravvivenza delle aziende, ci si accorge, anche grazie al contributo di Fubini, come il maggior prezzo lo paghino, alla fine, come sempre, i lavoratori.

In Sicilia una miriade di piccoli comuni sotto i 5000 abitanti è indietro negli stipendi ai dipendenti da quando è stato introdotto il federalismo fiscale ed è stata sospesa la prima rata dell’Imu, l’imposta municipale sugli immobili. La provincia di Vibo Valentia non paga gli impiegati da quattro mesi e, stima Luciano Belmonte della Cisl, nel settore edile in Calabria un addetto su tre vanta arretrati dalla propria impresa. In provincia di Torino l’anno scorso quasi mille persone (più 26% sul 2011) si sono dimesse «per giusta causa», un modo per ottenere un sussidio quando l’azienda smette di versare i compensi. A Roma il 10% dei casi dell’ufficio vertenze Cgil riguarda stipendi e salari versati in parte o niente affatto. Una grande impresa edile appaltatrice dell’Anas come Impresa Spa non viene pagata dal committente e, accusa la Cgil, da tre mesi non paga i suoi 700 addetti. Sempre nella capitale, si diffondono progressivamente i pagamenti dilazionati degli stipendi e dei salari anche nell’istruzione pubblica e privata: il Comune di Roma non paga per tempo gli asili nido convenzionati, che a loro volta non pagano le maestre; centinaia di supplenti della scuola pubblica lamentano alla Cgil ritardi nei compensi dovuti da parte del provveditorato agli Studi; e all’Università La Sapienza, anch’essa statale, cento ricercatori con contratti a tempo determinato non vengono remunerati da otto mesi.

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Warsamé Dini Casali