“E’ un caso emblematico di delibera in conflitto di interesse oltre che di abuso della maggioranza”, ha attaccato Giorgio Martorelli di Amber sottolineando che le modifiche (che prevedono un allentamento dei requisiti di indipendenza) “allontanano Parmalat dalle best practice” in tema di corporate governance.
“Ci teniamo a sottolineare il nostro voto contrario” in quanto “crediamo che i nostri diritti vengano ridotti” ha rincarato il rappresentante di Fidelity, Alberto Chiandetti evidenziando come i due principali proxy advisor internazionali, Iss e Glass Lewis abbiano bocciato la proposta “in quanto peggiora la struttura di corporate governance e ha impatti negativi sugli interessi degli azionisti di minoranza”.
Senza contare, ha aggiunto Arturo Albano di Talete Consulting, che “quello che Lactalis vuole realizzare è molto pericoloso” anche perché potrebbe portare “a una emulazione e a un abbassamento degli standard di corporate governance” in altre quotate. Nonostante le critiche dei fondi i francesi non hanno fatto una piega: forti dell’84% del capitale si sono approvati da soli lo statuto e la riduzione del consiglio. Contrario praticamente tutto il restante 5,4% del capitale in assemblea. Le modifiche sono “legittime, conformi alle norme del concordato” (come sottolineato nei pareri chiesti dal cda di Parmalat a Carlo Marchetti e Alberto Maffei Alberti) e “riportano Parmalat in linea con la prassi di mercato di moltissime società” ha detto Gabriella Chersisla nominata presidente dall’assemblea che ha eletto il nuovo cda, dove siederanno sei consiglieri di Lactalis ed il solo Umberto Mosetti per i fondi.
“Non vedo violazioni dei diritti degli azionisti di minoranza – ha aggiunto -, guardiamo avanti”. Guardare avanti sì, ma senza dimenticare il passato, ha chiesto la rappresentante di Gabelli Funds. Quello più recente di Lag, la società venduta da Lactalis a Parmalat ad un prezzo che solo l’azione dei consiglieri delle minoranze (Mosetti e Antonio Mastrangelo), della procura e della Consob ha permesso di ‘sgonfiare’ di ben 130 milioni di dollari rimasti nelle casse di Collecchio anziché migrare a Laval. Ma anche quello più lontano e distruttivo di Tanzi. “Il livello di disclosure di Parmalat si è ridotto significativamente negli ultimi due anni”, ha ammonito, “rimarremo vigili perché tutti gli azionisti possano beneficare dei successi di Parmalat”..