Tornitore di 28 anni. Associato in partecipazione, è necessario ricevere quota dell’utile. A Luca, 38 anni, operaio tornitore da 22 anni, è stata proposta l’assunzione in una piccola azienda artigiana con la formula dell’associazione in partecipazione con apporto di lavoro. Connotato qualificante dell’istituto, secondo le intenzioni del Governo, è il recepimento nella norma dell’indicazione giurisprudenziale sull’effettività della partecipazione agli utili e la consegna del rendiconto. In mancanza di questa effettività il rapporto si presume di natura subordinata, fatta salva la prova contraria. La riforma proposta dal ministro del Lavoro prevede anche un incremento dell’aliquota contributiva per la gestione separata Inps, nella stessa misura delle collaborazioni a progetto. Con questa riforma il governo si propone infine di limitare il numero massimo degli associati di lavoro (o di capitale di lavoro): l’istituto resterà operante solo nelle piccole attività – dove operano fino a cinque soggetti, compreso l’associante – fatte salve le associazioni costituite in ambito strettamente familiare.
Pensionato settantenne. È iniziata la vendemmia e Giorgio, 70 enne in pensione da 13 anni dopo una vita in Fiat, si rivolge a una cantina per dare una mano nella raccolta dell’uva e arrotondare in questo modo l’assegno mensile dell’Inps. L’azienda agricola, già da qualche anno, può impiegare il pensionato utilizzando un apposito voucher, beneficiando così anche della copertura assicurativa Inail in caso di eventuali incidenti sul lavoro, senza dovere stipulare alcun tipo di contratto, e senza dovere effettuare la comunicazione anticipata on line al Centro per l’impiego. L’impianto della riforma Fornero, a questo proposito, si limita a introdurre alcune misure di correzione finalizzate soprattutto a restringere il campo di operatività dell’istituto, modificando il regime orario dei buoni (voucher) ed introducendo modalità più snelle di comunicazione amministrativa dell’inizio dell’attività lavorativa.
Metalmeccanico quarantenne. Licenziamento, scompare l’obbligo di reintegro. Per esigenze organizzative e tecniche viene deciso il licenziamento di Daniele, operaio 40enne in una fabbrica metalmeccanica con più di quindici dipendenti. L’azienda sostiene che la decisione, assunta per motivi economici e non discriminatori, è motivata da un giustificato motivo oggettivo: il nuovo impianto di verniciatura da poco acquistato è completamente automatizzato, e di conseguenza necessita di minore assistenza e manutenzione. Daniele contesta la decisione aziendale, e fa ricorso. Il giudice dà ragione all’operaio, accertando che il licenziamento è stato stabilito senza una giusta causa “oggettiva”. In questo caso, secondo l’impianto della riforma del Governo Monti, il giudice condannerà l’azienda al pagamento di un’indennità risarcitoria omnicomprensiva compresa tra un minimo di quindici a un massimo di ventiquattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto (modulata dal giudice tenendo conto delle dimensioni aziendali, dell’anzianità di servizio del lavoratore, delle iniziative assunte da quest’ultimo per la ricerca di una nuova occupazione e del comportamento delle parti durante la procedura). Scompare, dunque, l’obbligo del reintegro sul posto di lavoro (ipotesi che resta invece intatta nel caso di licenziamento discriminatorio).
Operaio di 47 anni. Assicurazione sociale per l’impiego. Per 12 mesi assegno fino a 1.119 euro. La concorrenza cinese è spietata: l’azienda per cui lavora Giuliano, 47 anni, operaio metalmeccanico, alla fine del 2017 chiuderà i battenti. Lui e i suoi 23 colleghi resteranno senza lavoro. Tutti quelli che possiedono i requisiti minimi (due anni di anzianità ed almeno 52 settimane nell’ultimo biennio) avranno però diritto all’Assicurazione sociale per l’impiego (in sigla Aspi), destinata a sostituire l’indennità di mobilità, l’indennità di disoccupazione non agricola ordinaria, l’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti. Giuliano potrà godere per dodici mesi di un assegno massimo di 1.119,32 euro, rivalutato annualmente (viene eliminato invece il massimale basso, che oggi per gli istituti abrogati è pari a 931,28 euro): l’importo sarà pari al 70% per la parte di retribuzione fino a 1.250 euro, più il 30% per la parte di retribuzione superiore a 1.250 euro fino al massimale. La stessa assicurazione verrà erogata anche ai colleghi apprendisti (l’ambito di applicazione è esteso inoltre agli artisti dipendenti nonchè ai lavoratori delle amministrazioni pubbliche con contratto di lavoro dipendente non a tempo indeterminato). Per il collega di Giuliano, Antonio, che ha 57 anni (beneficiano di un periodo maggiorato tutti i lavoratori sopra i 55 anni), l’Aspi durerà invece diciotto mesi.
Impiegato di 36 anni. Cassa integrazione Integrazione salariale con fondi ad hoc. Le difficoltà congiunturali obbligano l’azienda di materie plastiche per cui lavora come impiegato Thomas, 36 anni, a una profonda ristrutturazione. Per questo l’azienda ricorrerà alla cassa integrazione. La riforma Fornero lascerà intatto l’attuale assetto degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro. L’azienda di Thomas potrà ricorrere ai contratti di solidarietà o alla cassa integrazione ordinaria o, probabilmente, alla cassa integrazione straordinaria per ristrutturazione e crisi aziendale. Per i settori non coperti da Cig si prevede l’obbligo di costituzione di fondi di solidarietà per tutti i settori attraverso accordi tra le parti sociali, utilizzando in gran parte l’esperienza della bilateralità. I fondi saranno finalizzati a finanziare la prestazione di trattamenti di integrazione salariale per i casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa dovuti a causali previste dalla normativa in materia di integrazione salariale ordinaria o straordinaria. Le regole di funzionamento dei fondi (e anche della cassa) dovranno prevedere l’obbligo di bilancio in attivo. Per i settori che non stipuleranno accordi collettivi per l’attivazione del fondo di solidarietà viene istituito, con decreto interministeriale, un fondo di solidarietà residuale: la prestazione dovrà essere di importo pari all’integrazione salariale, la contribuzione sarà a carico del datore di lavoro, e la durata non dovrà essere superiore a un ottavo delle ore lavorabili da computare in un biennio mobile.
Falegname sessantunenne. A Massimo, 61 anni, e ad altri tre suoi colleghi mancano ormai pochi anni per andare in pensione. Ma l’azienda per cui lavora, un grosso centro servizi per falegnameria, soffre da tempo la concorrenza del prodotto a basso costo dell’Estremo Oriente, e per questo sta cercando di ridurre i costi in modo da essere più competitiva sul mercato. L’azienda, grazie all’opportunità offerte dalla riforma degli ammortizzatori, punta a stipulare un accordo con il sindacato per incentivare l’esodo dei lavoratori che raggiungano i requisiti per il pensionamento nei successivi quattro anni. Se in possesso di idonee garanzie (per esempio una fidejussione bancaria) l’azienda può quindi presentare domanda all’Inps. Avrà l’obbligo di versare mensilmente all’Inps la provvista per la prestazione e per la contribuzione figurativa. La prestazione sarà di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti (la contribuzione invalidità-vecchiaia-superstiti sarà parametrata sulla retribuzione media degli ultimi 5 anni). L’azienda per cui lavorano Massimo e i suoi colleghi ha meno di 50 dipendenti: per le aziende più grosse, però, per le quali c’è l’obbligo di contribuzione al fondo di tesoreria, il conguaglio del tfr dal fondo potrà avvenire soltanto al momento del pensionamento del lavoratore.