Il neolaureato e l’apprendistato, l’operaio e i licenziamenti: 10 esempi

Elsa Fornero (Lapresse)

ROMA – Un giovane laureato, un operaio, un impiegato di 30 anni… Dieci casi, riportati dal Sole 24 Ore, che riassumono le novità della riforma del Lavoro a seconda dell’occupazione, l’età, la classe sociale e così via. Obiettivo della riforma è quello di rendere più dinamico il mercato del lavoro, soprattutto a vantaggio delle fasce svantaggiate, a partire dai giovani. La nuova disciplina delle tipologie contrattuali si propone, come obiettivi generali, di “reindirizzare il mercato verso il ricorso prevalente alla forma del lavoro subordinato a tempo indeterminato, in modo da contrastare le forme improprie della flessibilità”.

Vanno in questa direzione le scelte di incentivare il ricorso all’apprendistato (individuato come canale privilegiato di accesso ai giovani al mondo del lavoro) e, soprattutto, le limitazioni e i disincentivi introdotti negli istituti del contratto a tempo determinato, del contratto intermittente, del contratto a progetto, delle partite Iva, dell’associazione in partecipazione, ai tirocini e stage. Sono state riformate e rese più snelle anche le discipline relative al lavoro accessorio e al part time.

Ecco i dieci esempi-casi riportati dal sole 24 Ore:

Neolaureata di 25 anni. Contratto di apprendistato e dopo tre anni il posto diventa stabile. Sonia ha 25 anni, si è laureata da sei mesi in filosofia, ma non ha ancora ricevuto un’offerta di lavoro. Un centro commerciale della zona è disposto ad assumerla come commessa in un negozio di abbigliamento. Il primo canale di accesso nel mercato del lavoro, nel solco della riforma Fornero, sarà un contratto di apprendistato. Il contratto di Sonia, ferma restando la possibilità di un inquadramento a termine nelle attività stagionali, avrà una durata minima e non potrà superare i tre anni. La scadenza del contratto non determinerà necessariamente la fine del rapporto: l’azienda potrà assumere Sonia anche in virtù del fatto che, per mantenere la facoltà di assumere in apprendistato, sarà obbligata a garantire percentuali minime di conferma in servizio degli apprendisti.

Trentunenne assunta a termine. Contratto a tempo determinato e niente rinnovo se l’intervallo è troppo breve. Il contratto a tempo determinato di Ivana, 31 anni, impiegata in un’azienda di software, scade fra pochi mesi. Il gruppo è in espansione ed ha acquisito nuovi clienti, ma le prospettive di sviluppo non sono certe: nonostante la nuova legge preveda un incremento del costo contributivo di questo contratto il gruppo ha deciso di assumere comunque Ivana con un contratto a termine. L’azienda preferirebbe concludere il rapporto e stipulare eventualmente un nuovo contratto a termine, ma rispetto alla disciplina precedente la riforma prevede un allungamento dell’intervallo temporale tra la scadenza di un contratto e la stipula di quello successivo. Troppo tempo per l’azienda, che ha comunque bisogno di una risorsa aggiuntiva per evadere il lavoro incombente. Molto probabilmente il contratto di Ivana sarà confermato: in quel caso l’azienda potrà recuperare la maggiorazione versata all’avvio del rapporto a termine, grazie al cosiddetto premio di stabilizzazione.

Perito Ict quarantenne. Partita Iva e collaboratore fisso? Cambia il contratto. Dopo una serie di sfortunate esperienze nel mondo del lavoro dipendente, Michele, perito informatico quarantenne, decide di mettersi in proprio e di aprire una partita iva. Racimola qualche collaborazione, ma dopo qualche mese arriva il colpo grosso: trova lavoro come consulente esterno per garantire la manutenzione ordinaria e straordinaria della rete informatica di una media azienda tessile. Michele si reca quasi tutti i giorni al lavoro nella sede dell’azienda, dove ha una sua scrivania. Mantiene inalterati i rapporti anche con gli altri clienti, ma dall’azienda tessile ricava più del 75 per cento del suo giro d’affari. Si tratta inoltre di una collaborazione che dura più di sei mesi nell’arco di un anno e per tutti questi motivi, secondo l’impianto della riforma Fornero, Michele ha diritto a vedersi riconoscere il carattere continuativo e di natura subordinata (e non autonomo e occasionale) della collaborazione a partita Iva. Resta salva, però, la facoltà del committente di fornire prova contraria.

Architetto ventiquattrenne. Contratto a progetto e addio al “ragazzo di bottega”. Lo studio più importante della città ha proposto a Giulio, 24 anni, fresco di laurea in architettura, una collaborazione. I soci dello studio propongono al ragazzo un contratto a progetto, comprensivo di un piccolo rimborso mensile: l’obiettivo è fare in modo che Giulio diventi un “ragazzo di bottega” e impari il mestiere, seguendo gli altri dipendenti in cantiere, fornendo un aiuto nei progetti più facili. Tutto questo non è possibile con un semplice contratto a progetto: la riforma prevede che il “progetto” non sia una mera riproposizione dell’oggetto sociale dell’impresa committente. Inoltre è introdotta una presunzione relativa al carattere subordinato della collaborazione quando l’attività del collaboratore a progetto sia analoga a quella svolta dai lavoratori dipendenti. Infine, l’impianto della riforma introduce, in questa tipologia di contratto, un incremento dell’aliquota contributiva prevista a favore della gestione separata Inps. Per questo tipo di “mission”, quindi, è più adatto un contratto di formazione.

Tornitore di 28 anni. Associato in partecipazione, è necessario ricevere quota dell’utile. A Luca, 38 anni, operaio tornitore da 22 anni, è stata proposta l’assunzione in una piccola azienda artigiana con la formula dell’associazione in partecipazione con apporto di lavoro. Connotato qualificante dell’istituto, secondo le intenzioni del Governo, è il recepimento nella norma dell’indicazione giurisprudenziale sull’effettività della partecipazione agli utili e la consegna del rendiconto. In mancanza di questa effettività il rapporto si presume di natura subordinata, fatta salva la prova contraria. La riforma proposta dal ministro del Lavoro prevede anche un incremento dell’aliquota contributiva per la gestione separata Inps, nella stessa misura delle collaborazioni a progetto. Con questa riforma il governo si propone infine di limitare il numero massimo degli associati di lavoro (o di capitale di lavoro): l’istituto resterà operante solo nelle piccole attività – dove operano fino a cinque soggetti, compreso l’associante – fatte salve le associazioni costituite in ambito strettamente familiare.

Pensionato settantenne. È iniziata la vendemmia e Giorgio, 70 enne in pensione da 13 anni dopo una vita in Fiat, si rivolge a una cantina per dare una mano nella raccolta dell’uva e arrotondare in questo modo l’assegno mensile dell’Inps. L’azienda agricola, già da qualche anno, può impiegare il pensionato utilizzando un apposito voucher, beneficiando così anche della copertura assicurativa Inail in caso di eventuali incidenti sul lavoro, senza dovere stipulare alcun tipo di contratto, e senza dovere effettuare la comunicazione anticipata on line al Centro per l’impiego. L’impianto della riforma Fornero, a questo proposito, si limita a introdurre alcune misure di correzione finalizzate soprattutto a restringere il campo di operatività dell’istituto, modificando il regime orario dei buoni (voucher) ed introducendo modalità più snelle di comunicazione amministrativa dell’inizio dell’attività lavorativa.

Metalmeccanico quarantenne. Licenziamento, scompare l’obbligo di reintegro. Per esigenze organizzative e tecniche viene deciso il licenziamento di Daniele, operaio 40enne in una fabbrica metalmeccanica con più di quindici dipendenti. L’azienda sostiene che la decisione, assunta per motivi economici e non discriminatori, è motivata da un giustificato motivo oggettivo: il nuovo impianto di verniciatura da poco acquistato è completamente automatizzato, e di conseguenza necessita di minore assistenza e manutenzione. Daniele contesta la decisione aziendale, e fa ricorso. Il giudice dà ragione all’operaio, accertando che il licenziamento è stato stabilito senza una giusta causa “oggettiva”. In questo caso, secondo l’impianto della riforma del Governo Monti, il giudice condannerà l’azienda al pagamento di un’indennità risarcitoria omnicomprensiva compresa tra un minimo di quindici a un massimo di ventiquattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto (modulata dal giudice tenendo conto delle dimensioni aziendali, dell’anzianità di servizio del lavoratore, delle iniziative assunte da quest’ultimo per la ricerca di una nuova occupazione e del comportamento delle parti durante la procedura). Scompare, dunque, l’obbligo del reintegro sul posto di lavoro (ipotesi che resta invece intatta nel caso di licenziamento discriminatorio).

Operaio di 47 anni. Assicurazione sociale per l’impiego. Per 12 mesi assegno fino a 1.119 euro. La concorrenza cinese è spietata: l’azienda per cui lavora Giuliano, 47 anni, operaio metalmeccanico, alla fine del 2017 chiuderà i battenti. Lui e i suoi 23 colleghi resteranno senza lavoro. Tutti quelli che possiedono i requisiti minimi (due anni di anzianità ed almeno 52 settimane nell’ultimo biennio) avranno però diritto all’Assicurazione sociale per l’impiego (in sigla Aspi), destinata a sostituire l’indennità di mobilità, l’indennità di disoccupazione non agricola ordinaria, l’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti. Giuliano potrà godere per dodici mesi di un assegno massimo di 1.119,32 euro, rivalutato annualmente (viene eliminato invece il massimale basso, che oggi per gli istituti abrogati è pari a 931,28 euro): l’importo sarà pari al 70% per la parte di retribuzione fino a 1.250 euro, più il 30% per la parte di retribuzione superiore a 1.250 euro fino al massimale. La stessa assicurazione verrà erogata anche ai colleghi apprendisti (l’ambito di applicazione è esteso inoltre agli artisti dipendenti nonchè ai lavoratori delle amministrazioni pubbliche con contratto di lavoro dipendente non a tempo indeterminato). Per il collega di Giuliano, Antonio, che ha 57 anni (beneficiano di un periodo maggiorato tutti i lavoratori sopra i 55 anni), l’Aspi durerà invece diciotto mesi.

Impiegato di 36 anni. Cassa integrazione Integrazione salariale con fondi ad hoc. Le difficoltà congiunturali obbligano l’azienda di materie plastiche per cui lavora come impiegato Thomas, 36 anni, a una profonda ristrutturazione. Per questo l’azienda ricorrerà alla cassa integrazione. La riforma Fornero lascerà intatto l’attuale assetto degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro. L’azienda di Thomas potrà ricorrere ai contratti di solidarietà o alla cassa integrazione ordinaria o, probabilmente, alla cassa integrazione straordinaria per ristrutturazione e crisi aziendale. Per i settori non coperti da Cig si prevede l’obbligo di costituzione di fondi di solidarietà per tutti i settori attraverso accordi tra le parti sociali, utilizzando in gran parte l’esperienza della bilateralità. I fondi saranno finalizzati a finanziare la prestazione di trattamenti di integrazione salariale per i casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa dovuti a causali previste dalla normativa in materia di integrazione salariale ordinaria o straordinaria. Le regole di funzionamento dei fondi (e anche della cassa) dovranno prevedere l’obbligo di bilancio in attivo. Per i settori che non stipuleranno accordi collettivi per l’attivazione del fondo di solidarietà viene istituito, con decreto interministeriale, un fondo di solidarietà residuale: la prestazione dovrà essere di importo pari all’integrazione salariale, la contribuzione sarà a carico del datore di lavoro, e la durata non dovrà essere superiore a un ottavo delle ore lavorabili da computare in un biennio mobile.

Falegname sessantunenne. A Massimo, 61 anni, e ad altri tre suoi colleghi mancano ormai pochi anni per andare in pensione. Ma l’azienda per cui lavora, un grosso centro servizi per falegnameria, soffre da tempo la concorrenza del prodotto a basso costo dell’Estremo Oriente, e per questo sta cercando di ridurre i costi in modo da essere più competitiva sul mercato. L’azienda, grazie all’opportunità offerte dalla riforma degli ammortizzatori, punta a stipulare un accordo con il sindacato per incentivare l’esodo dei lavoratori che raggiungano i requisiti per il pensionamento nei successivi quattro anni. Se in possesso di idonee garanzie (per esempio una fidejussione bancaria) l’azienda può quindi presentare domanda all’Inps. Avrà l’obbligo di versare mensilmente all’Inps la provvista per la prestazione e per la contribuzione figurativa. La prestazione sarà di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti (la contribuzione invalidità-vecchiaia-superstiti sarà parametrata sulla retribuzione media degli ultimi 5 anni). L’azienda per cui lavorano Massimo e i suoi colleghi ha meno di 50 dipendenti: per le aziende più grosse, però, per le quali c’è l’obbligo di contribuzione al fondo di tesoreria, il conguaglio del tfr dal fondo potrà avvenire soltanto al momento del pensionamento del lavoratore.

 

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Alessandro Avico