Con un lavoro ma senza soldi da parte: gli italiani “vulnerabili”, il 22,5 per cento

Gli italiani "vulnerabili" sono uno su quattro

Non sono poveri, ma potrebbero diventarlo rimanendo senza stipendio anche soltanto per tre mesi. Sono i cosiddetti “vulnerabili”, cioè coloro che possono contare sui guadagni del loro lavoro ma che non hanno soldi da parte, proprietà o titoli in banca per affrontare le emergenze. In Italia sono il 22,5% della popolazione, quasi un italiano su quattro, che risulta dalla differenza tra i cosiddetti “poveri di ricchezza” (31,7%) e i poveri tout court (9,2%). Vulnerabile insomma viene definito chi non dispone di un monte risparmio di almeno 4/5mila euro.

È quanto risulta in uno studio pubblicato dalla Banca d’Italia. La percentuale di “vulnerabili” in Italia è comunque inferiore a quella di altri Paesi: in Germania diventerebbe ‘povero’ in tre mesi il 42% dei cittadini; in Canada addirittura il 56,5%. Lo studio, condotto da Andrea Brandolini e Silvia Magri, ha valutato l’efficacia di nuovi meccanismi di calcolo a fini sociali delle situazioni di difficoltà economica.

Il reddito annuo non basta, infatti, come indicatore per valutare lo stato di povertà: secondo il ‘working paper’ (che non rappresenta la ‘visione ufficiale’ di Palazzo Koch sul tema ma uno solo uno stimolo alla discussione) oltre alle entrate le famiglie possono contare anche sui propri beni, come la casa o le risorse finanziarie. Usate per far fronte ai momenti di crisi, a eventi negativi imprevisti o come ‘riserva’ quando le entrate oscillano o si interrompono. Tutti indicatori economici alternativi al semplice reddito che possono essere adoperati per individuare la percentuale di povertà. I tradizionali misuratori della povertà si basano solo sull’individuazione di una soglia di reddito minimo. Considerando invece altri indicatori più complessi, che appunto mettono in campo oltre al reddito anche le ricchezze accumulate da singoli o famiglie, la quota di povertà potenziale nei principali Paesi industrializzati aumenta molto: “l’incidenza della povertà quando si guardi esclusivamente alla ricchezza netta totale risulta maggiore di 2-3 volte rispetto agli indicatori basati solo sul reddito”, si legge nella sintesi che accompagna lo studio di Bankitalia.

Insomma, nei paesi industrializzati esiste “un’ampia fascia di persone che pur avendo redditi superiori alla soglia di povertà sono vulnerabili al verificarsi di eventi negativi”. L’Italia è però “il Paese in cui questa fascia risulta più limitata: ciò potrebbe riflettere – si legge ancora nel documento – un maggior risparmio ai fini precauzionali, connesso anche con la limitatezza degli strumenti di sostegno per le persone in difficoltà”.

Il calcolo della ricchezza finanziaria ribalta quindi la classifica dell’Italia a livello internazionale: se il nostro paese risulta penalizzato sui livelli di reddito (la soglia di povertà era attorno ai 9.400 euro annui considerato il potere d’acquisto) rispetto a Germania, Svezia, Canada e Stati Uniti, l’Italia risulta un paese di risparmiatori se accanto al reddito si calcola anche la casa di proprietà.

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