Marcia indietro sulla “legge Salini”. Ritirato l’emendamento di Zoppini

(Foto LaPresse)

ROMA – Il governo fa marcia indietro sulla “legge Salini”: ritirato l’emendamento con cui si sarebbe favorito un ramo della famiglia di costruttori. Si tratta dell’emendamento a firma del sottosegretario alla Giustizia, Andrea Zoppini, che cambiava le regole sul “computo delle azioni proprie” nelle deliberazioni societarie. La modifica inserita nel decreto che si occupa di “crisi da sovraindebitamento e disciplina del processo civile”, sembrava tagliata su misura per intervenire nella controversia sulla governance di unodei principali gruppi italiani, la Salini Costruzioni.

Ad accendere i riflettori sulla vicenda era stato il Fatto quotidiano che, in un articolo aveva svelato i retroscena di quella che stava per diventare la “legge Salini”, ma nella giornata del 24 gennaio l’emendamento si è arenato in commissione. Le regole sulle azioni proprie non cambiano. Troppo difficile per il sottosegretario Zoppini dover spiegare “quale fosse l’interesse generale di una norma della durata di soli cinque mesi che interveniva su un tema appena regolato (a dicembre 2010)”.

Dunque, alla Salini costruzioni resta tutto com’è: se l’emendamento fosse stato confermato, Zoppini avrebbe consegnato a un ramo della famiglia capitanata dall’amministratore delegato Simonpietro, il controllo del gruppo.

La governance della società edile era già oggetto di un lungo braccio di ferro a colpi di ricorsi in tribunale tra i due rami della famiglia che si contendono il ruolo guida. La Salini Costruttori è divisa in tre quote. L’accomandita Salini Simonpietro, a sua volta divisa a metà tra Simonpietro e il figlio maggiore ha il 47%; la Sapar, holding di Franco e dei figli, ha il 43%; il restante 10% sono azioni proprie intestate alla Salini Costruttori. Secondo Pietro una quota di questo 10% spetterebbe a Simonpietro che così salirebbe al 52,2%. Ma Franco contesta questa interpretazione. Peraltro Simonpietro e Franco hanno stabilito che occorre una maggioranza qualificata del 60% per scelte di ordinaria e straordinaria amministrazione. Nel 2002 Pietro cambia lo statuto per poter procedere a maggioranza semplice. Da questo punto si scatena la guerra.

Sciogliere il nodo della governance sarebbe decisivo in questo momento per il gruppo che sta affrontando la delicata partita di Impregilo, di cui possiede oltre il 15% del capitale, collocandosi in testa alla compagine azionaria.

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Daniela Lauria