Serrata di 3 giorni degli edicolanti, gli ultimi “resistenti pazzeschi”

ROMA – Anche gli edicolanti si iscrivono al fronte delle “resistenze pazzesche” alle liberalizzazioni annunciate dal Governo Monti: è bastata una riga alquanto generica perché la categoria dichiarasse immediatamente una serrata di tre giorni. Il 27 , il 28 e il 29 dicembre le edicole saranno chiuse: considerando i due giorni di ferie natalizie del 25 e 26 gli italiani resteranno senza giornali per 5 giorni. Gli edicolanti non ammettono ulteriori aperture nel settore, “abbiamo già dato” sostiene il rappresentante sindacale della Uil.

A cosa si oppongono i titolari delle  edicole italiane? Nell’articolo 34 del decreto salva-Italia, al comma 2 c’è una riga che recita: “la limitazione dell’esercizio di una attività economica ad alcune categorie o divieto, nei confronti di alcune categorie, di commercializzazione di taluni prodotti”. Significa che i giornali si potranno vendere anche fuori dal circuito tradizionale delle edicole. La parte dell’orco la farebbe, come al solito, la grande distribuzione, anche se, già da qualche anno con la legge 170, i supermercati sono abilitati alla vendita.

Fra proprietari delle edicole e dipendenti ci sarebbero circa 50 mila famiglie a rischio, dicono i sindacati di categoria. Sono furibondi. Dicono che la liberalizzazione sarebbe totalmente squilibrata. Perché, per esempio, le edicole sono obbligate per leggea tenere a disposizione anche le pubblicazioni che si vendono poco, mentre altri canali di distribuzione possono concentrarsi solo su quelle più diffuse e remunerative. Un aggravio del lavoro insostenibile per far fronte alla concorrenza. Un punto ragionevole che però non è minimamente affrontato nella manovra. La discussione non è nemmeno iniziata ma la serrata è già diventata realtà.

“La nostra protesta è contro un testo potenzialmente micidiale” ammettono infatti i rappresentanti della corporazione. La serrata è dunque un atto di ritorsione preventivo? In effetti già con il governo Berlusconi erano state avviate trattative per venire incontro ad alcune richieste degli edicolanti. Orari molto lunghi distribuiti su un numero altissimo di giorni di apertura, turni massacranti: tutto questo meritava una risposta che il precedente governo stava considerando. E non c’è ragione che l’attuale esecutivo non torni a ragionarci sopra. Per esempio con crediti di imposta per la informatizzazione delle edicole che registrano ancora su carta le vendite giornaliere.

Tuttavia una serrata di tre giorni, il no assoluto a ogni forma di riforma, aggiunge mattoni al muro eretto contro ogni liberalizzazione. I tassisti prima, i farmacisti poi, non appena hanno fatto la voce grossa sono riusciti a sgambettare il Governo Monti, che pure è stato un campione della tutela della concorrenza e dell’apertura dei mercati in Europa. Le istanze e le rivendicazioni di categoria devono essere ascoltate, a patto che tutti riconoscano l’importanza delle liberalizzazioni per aumentare la qualità dei servizi offerti e diminuire contestualmente le tariffe.

Lo stop alla vendita dei farmaci di fascia C nelle parafarmacie e in luoghi diversi dalle farmacie tradizionali procurerà un mancato risparmio ai consumatori di 500 milioni l’anno. E’ lì che si realizza l’interesse generale. Monti, sostiene più di qualcuno, dovrebbe chiamare per nome chi in Parlamento organizza le “resistenze pazzesche” di cui ha parlato il ministro Passera. Le lobby le conosciamo, il braccio politico è ancora nascosto.

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Warsamé Dini Casali