ROMA – ''Siamo stati i primi a prendere contatti con il vertice degli insorti, il Cnt. Il 3 aprile abbiamo incontrato il gruppo al gran completo a Bengasi e manteniamo contatti costanti con loro.
Non abbiamo timori per l'Eni in Libia, ma la situazione ci preoccupa per il futuro immediato: queste fasi di transizione sono sempre molto delicate e complesse, e la vicenda apre, solo per il gas, il tema della sicurezza degli approvvigionamenti per il nostro Paese''. Intervistato dal Corriere della Sera, l'amministratore delegato dell'Eni Paolo Scaroni descrive come il colosso petrolifero italiano ha reagito alla rivoluzione libica.
I rapporti con il Cnt ''sono pressoche' giornalieri. Stiamo cercando di aiutarli a superare l'emergenza della prima necessita'', racconta Scaroni. ''La situazione e' complessa: hanno bisogno di tutto, dalla benzina alle medicine. Le risorse finanziarie del Paese, 140 miliardi di dollari, sono pero' congelate. Forniture senza garanzie sono complicate, ma stiamo studiando come fare. Ovviamente – sottolinea – ci muoviamo sempre e comunque in coordinamento e con l'assistenza della Farnesina e delle strutture che fanno capo al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta''.
Scaroni si dice certo che i contratti in Libia siano garantiti. ''Per la nostra presenza storica nel Paese non credo che la Francia voglia rimpiazzarci'', dichiara. Il futuro dell'Eni in Libia, quindi, ''sara' positivo''. Tuttavia ''altra cosa e' parlare non di come andranno le cose tra un anno, ma domani''.
La transizione e' infatti ''un problema grave per tutti, perche' la Libia oggi e' un Paese armato, un fucile mitragliatore costa 100 dollari e l'hanno praticamente tutti. Gli impianti non sono sorvegliati e possono anche essere danneggiati. La situazione e' confusa''.
