ROMA – Oltre a “i tassisti non possono essere paragonati a farmacisti e notai”, è la licenza una delle argomentazioni più forti contro le liberalizzazioni della categoria, che ha annunciato uno sciopero nazionale il 23 gennaio, peraltro dichiarato illegittimo dall’Autorità garante. “È la nostra liquidazione”. Sì, perché la licenza costa: da un minimo di 50.000 euro a Bari ai 300.000 euro che si è arrivati a pagare a Firenze, la media è 150.000 – 200.000 euro. Manca uno studio preciso, ma le stime più accreditate, anche dal Sole 24 Ore, parlano di 40.000 licenze per taxi in tutta Italia.
“È la nostra liquidazione”, dicono i tassisti, perché a fine carriera possono rivenderla e il ricavato è una più che dignitosa buonuscita. Ma se il governo raddoppia, triplica le licenze o addirittura le rende libere del tutto, il valore delle stesse cala di molto. E, come spiega il tassista Tony intervistato da La Stampa, il loro lavoro è passare dodici ore in auto ogni giorno per 1.600 euro al mese, quando va bene. Non sono dei privilegiati e non hanno dei materassi di banconote che li aspettano a casa. Anzi, come confessa un tassista bolognese al Corriere tv: “Si evade tutto quel che si può perché se si dovesse dichiarare tutto non si arriverebbe alla fine del mese”. Lui per esempio “non dichiara il 40%” dei suoi guadagni.
A fronte di profitti non da Golden Age, i sonni di molti sono guastati dal pensiero del mutuo o dei debiti da ripagare per la spesa sostenuta per la licenza. Maledetta licenza. Loreno Bittarelli, il presidente di Uri-Uritaxi, ha detto chiaro e tondo: “Se il governo approverà le liberalizzazioni senza prima ascoltarci, faremo come il film Il Gladiatore: si scatenerà l’inferno. Qui ci scappa il morto“. Toni forti, che Tony spiega a La Stampa: “Come quegli imprenditori che si sono uccisi. Il morto sarà uno di noi che non vede il futuro”. Per il pensiero della crisi, che dimezza il numero di quelli che per spostarsi dentro le città sono disposti a pagare 10-15 euro ma anche per l’ossessione dei debiti fatti per acquistare la licenza.
Ma quello che non si dice della licenza è… che è gratis. Quando uno vuole acquistarla paga quei 150-200.000 euro di media a un altro tassista o alla compagnia dei taxi, ma non allo Stato o al Comune. E’ come una patente, un’abilitazione che non ha un costo di partenza. Ha un prezzo così alto perché il numero è limitato. In pratica, è come se ci fosse un blocco delle patenti tale che un neopatentato non potesse circolare se un vecchio patentato non gli cedesse la sua tessera rosa. Questo genera nei fatti un mercato, una borsa delle licenze che è arrivata alle quotazioni di cui sopra.
Il modo per uscire da questo stallo (i vecchi non vogliono perdere il valore della loro licenza; i giovani vogliono lavorare) ci sarebbe: prevedere dei meccanismi di compensazione. Io Stato pago a te tassista il costo della tua licenza ma poi tu non mi blocchi le città se io liberalizzo le licenze. Alcuni esperimenti in tal senso ci sono stati. A Bologna nel 2008 il Comune ha venduto 40 nuove concessioni a 125 mila euro l’una e poi ha distribuito il ricavato ai tassisti già sulla piazza come forma di compensazione per l’aumento della concorrenza. Ai tassisti bolognesi sono andati 4-5000 euro a testa.