L’Omsa, la più celebre azienda di calze da donna che ha costruito la femminilità moderna, chiude lo stabilimento di Faenza lasciando a casa 320 donne difficilmente ricollocabili per spostare la sua produzione in Serbia.
Sono lontani i tempi dei Caroselli degli anni Sessanta con le gambe delle gemelle Kessler stampate nella testa di molte generazioni. Era il 1959 quando Allen Gant della Glen Raven Mills, una fabbrica di tessuti del Nord Carolina, crea il collant. Ma già vent’anni prima la scoperta del nylon, un tessuto che aveva la fama di essere «resistente come l’acciaio e delicato come una ragnatela», aveva donato alle donne un prezioso alleato e agli uomini un sogno erotico, le calze.
Il collant aveva rivoluzionato la vita delle donne schiave di reggiseni e gancetti e diventa anche uno strumento dell’emancipazione, una sorta di difesa, un muro dietro cui nascondersi.
Negli anni, però, la scoperta di nuovi tessuti, come la Lycra, che danno alle calze maggiore resistenza e quindi durata, ha provocato la crisi del settore. I consumi di calze si sono dimezzati in dieci anni e questo, insieme con la situazione globale, ha piegato anche un comparto che è sempre stato un vanto dell’economia nazionale. Adesso le nuove calze Omsa parleranno serbo.