ROMA – I timori sul debito dell'Eurozona, lo stallo sempre piu' preoccupante sulla Grecia e il conseguente rafforzarsi del dollaro hanno portato l'oro, sia quello a pronta consegna sia quello a dicembre, a ripiegare pesantemente sotto i 1.600 dollari con il future a dicembre sprofondato a 1.532 dollari all'oncia. Solo nelle ultime 4 sessioni l'oro ha perso il 13,8% cedendo oltre 300 dollari rispetto al record di 1.921 dollari dello scorso 6 settembre. Un simile crollo in cosi' breve tempo non si vedeva dal 2008 alla vigilia del crac Lehman. A monte della rapida fuga dall'oro c'e' l'inquietudine degli investitori che, di fronte alla crisi europea hanno scelto di abbandonare il metallo prezioso, per monetizzare i guadagni e passare al dollaro considerato ora piu' affidabile dopo l'accordo sul deficit di bilancio raggiunto questa estate da Obama e in forte recupero sull'euro. D'altra parte dopo il record storico di settembre un calo dell'oro era atteso dagli analisti.
Insieme all'oro sono in calo quasi tutte le commodity. L'Indice Standard & Poor's Gsci sulle 24 principali materie prime ha perso nella scorsa settimana il 21% e oggi dopo un calo del 2,6% si e' portato sui minimi degli ultimi 10 mesi nonostante a meta' giornata abbia segnato una leggera rimonta. Fra i metalli l'argento ha fatto peggio dell'oro perdendo il 16% e toccando i minimi da novembre. Stessa sorte del platino i cui future con consegna ad ottobre sono scesi a 1.475 dollari all'oncia con una perdita dell'8,5%.
In calo anche il rame che ha perso il 7,6% portandosi, dopo sette giorni di perdite, al peggior risultato dal dicembre 2008. Ma se un calo dell'oro era preventivato, l'andamento di un metallo industriale come il rame preoccupa di piu'. Il suo andamento e' usato da termometro per diversi settori industriali, il suo primo paese acquirente e' infatti la Cina e un calo delle sue quotazioni sono lette come un arresto della domanda del colosso asiatico unito a un generale rallentamento di vari settori produttivi. In controtendenza il petrolio che oggi dopo un'avvio sotto gli 80 dollari al barile si e' ripreso chiudendo sul mercato di New York a 80,25 dollari al barile con un guadagno dello 0,5%. Bene anche alcune materie prime agricole che hanno invece segnato una risalita delle quotazioni. Lo zucchero non raffinato con consegna a marzo ha senato un aumento del 3%, il piu' alto dal 24 agosto. Il caffe' tipo arabica con consegna a dicembre e' salito dell'1,7%. Stabile il grano che, pur sui minimi, e' passato di mano a 6,38 dollari a bushel per chiudere a 6,47.
