Capro espiatorio? La casta molla Lusi, di soldi pubblici non molla un centesimo

L'ex tesoriere della Margherita Luigi Luisi

ROMA – Davvero come sostiene il senatore Zanda, del Pd, “c’è un prima Lusi e un dopo Lusi” nella politica italiana? In effetti, nonostante le alchimie tattiche (il Pdl che lascia l’aula in blocco; Rutelli che lo considera un delinquente ma si astiene), le oscillazioni del garantismo, il Senato della Repubblica ha lasciato andare un suo rappresentante al suo destino, in questo sintonizzandosi con gli umori e le aspettative dell’opinione pubblica. Meglio dire che è stata spinta dalla pressione “giustizialista”, dalla paura delle monetine fuori dal Palazzo, dei “forconi” di piazza evocati dallo stesso Rutelli. Tecnicamente il Senato ha stabilito che non c’è “fumus persecutionis” nella richiesta dei giudici, non esiste un pregiudizio di colpevolezza nell’azione penale. Tanto è vero che i pm potranno continuare le indagini e nel caso accertare non solo le responsabilità di Lusi come tesoriere, eventualmente distinguendo tra l’appropriazione indebita del singolo o una prassi accettata dai vertici della fu Margherita.

Ma i tanto citati “forconi” e il timore sotteso di perseverare nell’errore di dilapidare ancora il poco consenso rimasto a una classe politica screditata, c’entrano poco con le omissioni, i ritardi, le giravolte della stessa classe politica sul fiume mdi soldi che incassano con i finti rimborsi elettorali. La questione capitale del finanziamento pubblico è stata di volta in volta accantonata, aggirata, elusa. Parliamo dei 2,2 miliardi che dal ’94 i partiti, tutti i partiti (vivi o morti che fossero) hanno travasato nei loro conti direttamente dalle tasche dei cittadini, a fronte di rimborsi elettorali stimati nell’ordine di 579 milioni. Che poi è la cifra contabilizzata delle spese elettorali sostenute. Che dire della possibilità, in cui Lusi eccelleva, di far fruttare le eccedenze attraverso spregiudicate operazioni finanziarie che, stando alle accuse dei pm, più che altro servivano ad occultare i vari tesoretti. Lusi ha gestito più di 200 milioni della Margherita, le accuse per cui ora è detenuto riguardano solo i 25 milioni che avrebbe rubato: ma oltre a case, ville e conti intestati alla moglie, ha pagato bollette e paghette individuali, ha foraggiato correnti e sottocorrenti. I “forconi” vengono ammainati, la Casta può tirare un sospiro di sollievo, una breve boccata di “fumus assolutionis”. Durerà? Per ora i magistrati hanno già detto che Lusi non ha prodotto fatti, cifre e circostanze tali da far pensare a un patto per spartirsi i fondi come ventilato da Lusi. Già sabato 23 giugno, però, Lusi potrebbe ricordarsi qualcosa di meno evanescente nell’interrogatorio con i magistrati. E poi c’è sempre una chiavetta Usb che la segretaria di Lusi ha dovuto consegnare ai pm. Dentro, scrive Fiorella Sarzanini sul Corriere della Sera, ci sono tutte le uscite dal 2007 a oggi, “bollette telefoniche, trasferte, stampa dei manifesti e altre decine e decine di voci…Sulle quali Lusi potrebbe decidere di fornire adesso inediti dettagli”. Non è che l’era del dopo Lusi inizierà dopo che il capro espiatorio avrà vuotato tutto il sacco?

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Warsamé Dini Casali