ROMA – Mini-patrimoniale Renzi: dal 1 luglio 26% sulle rendite. Come limitare i danni. Domani 1 luglio entrano in vigore le nuove aliquote per la tassazione dei redditi di natura finanziaria con l’aumento dal 20% al 26% sugli interessi e altri proventi di conti correnti, depositi bancari e postali, maturati dal 1 luglio 2014. La nuova misura -spiega l’Agenzia delle Entrate – è valida anche per i redditi derivanti da obbligazioni, titoli simili e cambiali finanziarie previste dall’articolo 26 del Dpr n. 600 del 1973 e sugli interessi, premi e altri proventi derivanti dalle obbligazioni, indicate nell’articolo 2, comma 1 del Dlgs n. 239 del 1996, maturati a partire dal 1 luglio 2014, indipendentemente dalla data di emissione dei titoli. Dal 1 luglio 2014, l’aliquota di tassazione passa al 26% anche per i redditi diversi di natura finanziaria, con esclusione delle plusvalenze relative a partecipazioni qualificate indicate dalla lettera c) dell’articolo 67 del Tuir.
Esclusi dall’aumento titoli di Stato e polizze. Rimane confermata l’aliquota del 12,5% per i titoli pubblici italiani (come titoli del debito pubblico, Boc, Bor, Bop, buoni fruttiferi postali emessi dalla Cassa Depositi e Prestiti) e titoli equiparati, emessi da organismi internazionali, nonché per le obbligazioni emesse da Stati esteri white list e da loro enti territoriali. Per questi ultimi, l’aliquota di tassazione passa dal 20% al 12,5%, con riferimento agli interessi e ad altri proventi maturati a partire dal 1 luglio 2014 e alle plusvalenze derivanti dalla loro cessione o rimborso realizzate dalla stessa data.
Quando conviene affrancare il costo o liberarsi dei titoli. Al fine di evitare che l’aumento dell’aliquota incida sui redditi maturati antecedentemente al 1 luglio 2014, è prevista la possibilità di affrancare il costo o il valore di acquisto delle attività finanziarie possedute al 30 giugno 2014, con il versamento di un’imposta sostitutiva del 20% sulle plusvalenze latenti. Money-Farm, società di consulenza online, invita a considerare le opzioni in mano agli investitori (affrancamento o vendita diretta dei titoli) per meglio accogliere gli aumenti e attenuarne l’impatto sul portafoglio. Se ne ricava che
l’affrancamento vale la spesa solo se ci so no plusvalenze superiori al 10%, ma poche perdite in portafoglio; l’altro che conviene portare al futuro le minusvalenze di rilievo, quindi vendere e ricomprare singole posizioni in profitto di azioni o bond (perché presto tali minusvalenze peseranno di più, con tassa al 26%). Se invece le minusvalenze sono già affiorate, conviene realizzare i profitti – con l’affrancamento o la vendita diretta – e pagare l’aliquota del 20% fino a martedì. (Andrea Greco, La Repubblica)